Oggi vi parlo di una esperienza personalissima che ho fatto a Lourdes dove mi sono recato da poco. Ho incominciato ad andare a Lourdes nel ’79 quando ero ancora diacono, poi dagli anni 90 sono andato sempre con l’Unitalsi e sempre con questo carissimo amico: Vincenzo. Quando ero parroco a Fregene, lui era il Presidente dell’Unitalsi della sezione della nostra diocesi e organizzava ogni anno i pellegrinaggi facendosi in quattro. Vincenzo arrivava dappertutto e, oltre ad essere un amico, era un collaboratore che ogni parroco vorrebbe avere nella sua parrocchia. Da alcuni anni vado a Lourdes con l’organizzazione dei Cavalieri di Malta, e quest’anno era la prima volta che ci tornavo dopo la morte di Vincenzo.

Arrivato lì, tutto mi parlava di lui e ve lo racconto ancora con grande commozione. Eravamo in un albergo vicinissimo a quello storico che occupavamo di solito, tutto mi riportava alla mente Vincenzo: le cerimonie, i luoghi… Vincenzo teneva unite le persone e si spendeva per aiutare tutti a fare gruppo. Durante la liturgia penitenziale eravamo tantissimi sacerdoti nella basilica sotterranea e a differenza dell’Unitalsi con i Cavalieri di Malta erano i malati che volevano confessarsi che alzavano la mano e chiamavano il sacerdote. Dunque scendo i gradini dello spazio centrale e mi trovo, insieme agli altri sacerdoti, di fronte a 5/6 file di malati, alzo gli occhi e vedo un malato in carrozzina che alza la mano e guarda verso di me. Mi avvio e, mentre lo guardo, trovo che assomiglia tanto a Vincenzo! Aveva la testa un po’ reclinata, scuro di carnagione, un po’ abbronzato, col viso squadrato. Ero proprio preso da una commozione forte, sembrava il mio amico! Poi mi avvicino, parlava a fatica, ascolto la sua confessione, alla fine… faccio per andarmene ma dopo un passo, torno indietro e gli chiedo: “Come ti chiami?” “VINCENZO” mi risponde!

Mentre torno al mio posto scoppio in lacrime e continuo a piangere con la testa tra le mani per parecchi minuti, tanto che un confratello mi si avvicina e mi chiede se va tutto bene. Quando mi sono ripreso, alzo lo sguardo per rivedere quel volto ma il suo posto è vuoto! Mi rimetto a piangere… Siccome sono un razionalista, dopo la celebrazione vado a rendermi conto di chi fosse quel malato e mi hanno detto che dopo la confessione non si sentiva bene e ha chiesto di essere riaccompagnato all’albergo. Voi direte: tutte coincidenze!

Mi ha colpito che quel posto era stato lasciato vuoto e lui era da un’altra parte. Anche il mio amico ha lasciato un posto vuoto ma è da un’altra parte. Ci sono luoghi e circostanze che richiamano, anche fisicamente, persone care che non sono più qui! Anche i discepoli di Emmaus, durante il cammino, non riconoscono il pellegrino che si affianca loro, ma appena compie il gesto di spezzare il pane lo riconoscono… e Lui si sottrae alla loro vista.

Questi nostri cari che il Signore ha chiamato a sé sono con noi, Gesù porta l’umanità in Dio e la sua presenza continua ad accompagnare la nostra vita. Queste membra del corpo, grazie al Capo e alla comunione del Santi danno segni della loro presenza. Dopo la celebrazione sono rimasto a lungo davanti al Santissimo, di fronte a Lui siamo sicuri che rincontreremo i nostri cari. Tutto questo che è accaduto, dobbiamo rileggerlo alla luce del Vangelo che ci propongono Luca e Giovanni dopo la resurrezione di Gesù. Cosa ci impedisce di vedere presente Gesù nella nostra vita quotidiana? E di vedere questi nostri cari che sono qui presenti adesso e sono pienamente in Dio?

I discepoli di Emmaus lasciano Gerusalemme perché sono delusi nelle loro attese, vedono sconfitta l’azione di Gesù. Questo pellegrino si affianca a loro e li interroga, si mostra a conoscenza dell’accaduto, spiega l’accaduto…

Nella nuova traduzione della Bibbia, non si dice più “i loro occhi erano incapaci di vederlo”, ma “i loro occhi erano impediti”. Quanto è vero che i nostri occhi sono impediti a vedere le cose dello spirito! Papa Francesco dice che possiamo alzare lo sguardo e vedere in tutti i cieli del mondo, e direi dell’universo, quell’Uomo che è a fianco di Dio. Oggi siamo invitati tutti a guardare in su, pur restando con lo sguardo sul nostro mondo. “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”.

Elenchiamo gli impedimenti del nostro tempo, i nostri occhi sono attratti dalle cose del mondo, i pubblicitari sono bravissimi ad accendere i nostri sensi. I nostri occhi si sono abituati a immagini che sporcano la nostra vita, non riusciamo più a vedere il soprannaturale che richiede limpidezza di sguardo. Le immagini del mondo accendono i sensi, quelle dello spirito accendono il cuore e la commozione…

Abbiamo bisogno del collirio, come dice l’Apocalisse, per riacquistare lo sguardo che è in grado di cogliere i segni straordinari che Lui continua a dare.

Oggi siamo incapaci di sentire la sua voce che continua a chiamarci e ci invita a seguirlo. Possiamo sentirlo nel silenzio e nella preghiera. Dobbiamo diventare testimoni di qualcosa che ci coinvolge adesso, ci capitano fatti che dobbiamo condividere. Io non ero suggestionato non sono andato a cercare i segni, sono i segni che mi hanno raggiunto. Possiamo vedere Cristo oggi negli eventi che ci capitano, nei fratelli, nei sacramenti, abituiamo i nostri occhi a vedere il soprannaturale.

Don Francesco Decio

Intervento a Radio Maria (10/5/2016)
Per ascoltare l’audio dell’intervento cliccare sulla freccetta a sinistra sulla barra qui di seguito.

 

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