Ancora oggi vengono a visitarla appassionati di architettura da tutto il mondo. La «Casa senza fondamenta», la villa realizzata accanto alla pineta di Fregene dal celebre architetto Giuseppe Perugini, ha sempre esercitato un grande richiamo sul pubblico. Fotografi che cercano di trasformare il suo giardino in un set, studiosi, semplici curiosi che scavalcano la recinzione per visitarla. Ma anche vandali che hanno fatto danni enormi distruggendo le vetrate e imbrattando il cemento con le scritte. Dopo anni difficili ora per la «Casa Albero» sembra delinearsi un nuovo scenario. Il figlio di Giuseppe Perugini, Raynaldo, anch’esso architetto e docente universitario, ha deciso di farsi promotore di un progetto di recupero della famosa villa. «Mi è sembrato necessario procedere alla stesura di un programma corredato da una stima dei lavori per il suo ripristino – spiega Raynaldo – penso anche alla formazione di una sorta di comitato scientifico di esperti, soprattutto nel campo delle tecnologie dei materiali più attuali, che potrebbe essere un ulteriore modo di trasformare il recupero di un bene architettonico come la “Casa Albero” in un evento culturale concreto. Immagino un “cantiere aperto” dedicato alla didattica del recupero del contemporaneo da tenersi nel corso della realizzazione dei lavori».
Il vandalismo è ancora oggi il nemico numero uno della casa, rottura delle vetrate sovrapposizione di vari strati di graffiti, una costante degli ultimi anni. Alcune persone sono state denunciate dai carabinieri che le hanno sorprese all’interno. Recentemente, in corrispondenza degli angoli della recinzione, sono stati inseriti dei cilindri di lamiera per eliminare gli spazi utilizzati dai tanti che scavalcano.
«Ho anche tentato di fare dei recuperi parziali di quanto ammalorato – aggiunge Perugini – questo però ha comportato, paradossalmente, un ulteriore incentivo al vandalismo. Basti pensare che è stato sfondato un vetro spesso oltre due centimetri e alcune parti vetrate che ho sostituito sono state rotte nuovamente fino a tre volte. Peraltro alcuni di questi atti hanno procurato danni irreparabili come la rottura del vetro della “Palla” – nome in codice dell’esperimento di casa sferica che qualche buontempone disinformato ha chiamato “stanza della meditazione” – che era stato realizzato espressamente con un particolare sistema artigianale. A questo punto è tutto fermo in attesa di un intervento complessivo di recupero».