Claudio Barbuzza continua il suo racconto, seconda puntata
Tutto comincio una sera di mezzo luglio
Il frastuono perso tra l’alcool e la musica va a ritmo disco anni 70 , Donna Summer – Barry White mixato dalle mani fluide del Dj di turno. Claudio Casalini agile dietro la consolle, allo stesso tempo serviamo bicchieri di Perrier Jouet, mille bollicine che si staccano dal fondo della coppa saltellando anche loro a ritmo della 80’ disco music. Salottini rossi, gruppetti di amici si spartiscono, ciarlando animatamente, i cuscinetti gialli sparsi sui sedili. Mozziconi di sigarette per terra sulla moquette si lasciano calpestare da scarpe a tacchi alti e suole lucide. Le notti scorrono veloci tra un drink e un altro a bordo piscina dove a volte, per scherzo o barcollando inebriati dall’alcool, qualcuno ci finisce dentro, rinfrescandosi le idee e non solo.
Io e Giggi serviamo, dietro il bancone, drink overdose attenti sempre allo sguardo laterale della Cassiera di turno, elegantemente bella Susanna, col suo stile armonico, controlla le dosi alcoliche versate nei tumbler . Vestiti di tutto punto, giacca amaranto, pantaloni neri, camicetta bianca ci divertiamo parecchio oltre che lavorare, la musica è buona l’ambiente tranquillo, frequentato dalla creme de la creme, si fa per dire, di Fregene e della metropoli romana.
Villeggianti e residenti si mescolano, vestiti in tiro per attrarre e apparire. Profumi e vestiti attillati a strasse scorrono nella confusione della folla. L’aria salmastra che tutto circonda profuma l’aria, portando verso l’alto mare il fumo e la musica disco. L’estate scorre con ritmo veloce, le notti finiscono sempre al fresco del mattino seguente. Il gruppo dei Soliti Ignoti rimane fino all’ultimo attimo. Seguendo la notte, arriva l’ora del rituale, si trasloca tutti nel ristorante per gustare, dulcis in fundo, un bel piatto di pasta creata per l’occasione dalle abili mani mani di Alberto, “il Baffo”.
Storditi dall’alcool e dalla stanchezza finiamo per concludere al Bar Paradiso dove Paolino sempre gentile e attivo ci allieta la gola con i cornetti appena sfornati o, a gusto, appetitosi panini imbottiti…
L’aria fresca del primo mattino ci accompagna fino a casa dove, per crollare sfiniti nelle brande domestiche. Meno di vent’anni tanta energia e voglia di vita, la sera e la notte in discoteca trascorre insieme all’estate. In una notte delle notti di fine agosto, il maestro di windsurf Claudio Berardi si avvicina al bancone del bar chiedendomi se voglio aiutarlo a trasportare la tavola da windsurf fuori dal capannone in cambio di un uscita in mare insieme. Il vento di libeccio soffia forte sui tetti della discoteca, la paglia sventola accarezzata dalla mano violenta del vento da sud ovest .
Sono le tre del mattino e i soliti frequentatori ogni lunedì vanno a casa prima del solito. Stacco dal turno di lavoro imboccando la porta dal retro del locale. È buio pesto, il lucchetto che assicura la serranda fatica ad aprirsi, ecco siamo finalmente dentro, percorriamo tutto il tunnel lungo circa un ottantina di metri, ci cambiamo i vestiti nella rimessa dei lettini, costume e maglietta, buttiamo su una piattina di lettini quelli del lavoro, pieni ancora del fumo delle sigarette consumante quella notte. Appena aperta la serranda del capannone, una volata di vento arriva forte sulla faccia, le mani a fatica tengono la tavola spinta dalle raffiche del libeccio.
Alcune coppiette appartate nel buio sulla riva disturbate da questi due pazzi scellerati ci guardano passare armati di tutto punto. Agganciamo la vela alla tavola per assicurarla. Le schiume bianche spazzano la riva andando e tornando, cerchiamo il momento giusto tra una e l’altra per prendere il via. Finalmente un attimo di calma, tenendo ferma la tavola aspetto che Claudio sale su e appena in tempo mi sdraio sulla tavola tenendomi forte al piede d’albero che collega la vela alla tavola.
Onde e schiume in faccia, il vento soffia forte e il fragore del mare nel buio della notte mi fa vivere, come in un sogno surreale, un emozione nuova, forte, appassionante. Tra l’incoscienza degli anni e la passione per la sfida, riusciamo ad arrivare al largo nel mare, senza sapere bene dove essere, solo alcune luci del litorale ci guidano indietro mentre un onda grande ci spinge, come la mano di un grande padre, verso la riva ….storditi e infreddoliti ci scambiamo un Hi Five esplodendo in una rigorosa risata. Con la tavola sotto il braccio e la vela che sventola selvaggia, raggiungiamo la rimessa, la serranda scricchiola sotto le raffiche di vento mentre a fatica scorre aprendosi. Richiusa, una volta all’interno, i piedi insabbiati la pelle intirizzita dall’umidità della notte. Arrotoliamo la vela, ancora bagnata, sull’albero, la tavola insabbiata, la poggiamo li di lato. Con quel sorriso stampato sul viso, uno di quei sorrisi che segnano una contentezza diversa emozionante, nuova, sarà l’epilogo di una storia infinita, cominciata per caso come avvengono le fatalità della vita. Non immaginavo che quello sarebbe stato per me un grande amore, una passione, un motivo di emozionanti scoperte …
Ancora sentivo il vento sferzare sulle creste delle onde, le schiume bianche che scivolano sulla pelle intirizzita dal fresco vento di libeccio. Dalla lontana Libia seguendo il fetch che cresce man mano fino a raggiungere il basso fondale del litorale Fregenese.
Nei giorni a seguire non riuscivo a non pensare a quella nuova forte emozione, il sapore del salmastro ancora nel naso fino alla gola, dentro il mio essere.