Con l’arrivo dell’autunno i cambiamenti giornalieri sono regolati dal passaggio delle perturbazioni provenienti dalle diverse direzioni; le sciroccate sono le più frequenti e portano il vento da sudest carico dei profumi che giungono dalla lontana Siria, da cui peraltro deriva il nome Scirocco. Questi profumi si mescolano confusamente con gli odori caratteristici provenienti dal ‘biondo Tevere’, la superficie del mare si colora di verdognolo e i cefali sguazzano in mezzo alle macchie di spuma giallastra che per loro rappresentano una vera e propria prelibatezza. Solitamente il mare di scirocco non monta onde grandi; la corrente corre verso la linea della costa nord ed è forte e continua trascinando con sé quantità enormi di piccoli granelli di sabbia.
Anche il vento di libeccio ci viene spesso a fare visita; quando raggiunge forte intensità si trascina la sabbia della Libia e sul terrazzo della mia casetta al Villaggio dei Pescatori si nota una patina di finissimi granelli di sabbia di colore giallino. A volte la notte il vento aumenta anche oltre i 50 nodi e porta il suo suono fin dentro la camera dove dormo con le tapparelle che sbatacchiano come impazzite. Il mare è tutto bianco di spuma, le onde rompono anche sette/otto volte iniziando dal fondo per scaricarsi finalmente sulla riva invadendo spesso gran parte della spiaggia. Mi piace cercare le monete quando al mattino rimangono scoperte a causa della forza del vento che le fa come galleggiare sulla sabbia.
In autunno arrivano anche i venti da nord, le famose tramontane che giungono dalle montagne. È fresco e rafficato: spingendo verso l’orizzonte, allontana tutto quello che viene trasportato dalla sua forza in mare e c’è qualcuno che ne approfitta per sbarazzarsi di tronchi di legno e altro materiale di risulta spingendolo in mare, non sapendo che un tronco grosso in mare potrebbe danneggiare le imbarcazioni che navigano, soprattutto di notte. La tramontana è un vento che mette energia, al contrario dello scirocco che rilassa e altera i sensi. Menomale che solitamente dura tre giorni, raramente sei e difficilmente nove. Secca la terra e, passando in mezzo ai campi di Maccarese, se ne possono vedere le nuvole alzate dalle raffiche più forti
Raramente entra il Maestrale: anche lui è bello, costante e forte. Lo chiamano Mistral lassù a nord, il vento che insegna, il Maestro… le onde le fa belle ordinate, il colore è sul blu che diventa verdino verso la riva.
Poi c’è il vento del Capodanno: e qui ho un rituale tutto mio che metto in pratica quando, appunto, arriva Capodanno. Cerco di fare tutte le cose che mi piacerebbe fare nel futuro e andando in mare quel giorno capita spesso che c’è proprio il Maestrale; a volte il tempo non è nemmeno troppo bello, ma il rituale va comunque rispettato.
Il Levante è raro e poco apprezzato; è un altro vento da terra, scorbutico e rafficato. L’unica cosa positiva del Levante è che porta l’odore della macchia mediterranea. Non alza il mare, anzi tiene parate le piccole onde che si vorrebbero già frangere. Le perturbazioni portano questo vento che per fortuna non arriva spesso lasciandoci così ai venti amici.
Dicevo, con l’autunno si comincia anche a pensare al viaggetto invernale: mi sa che tornerò a Boracay per passare un paio di mesi in un paese caldo facendo ciò che più amo fare quasi tutti i giorni: il Windsurf.
Tra l’altro la vita lì è abbastanza abbordabile e le spese non sono eccessive consentendomi di rimanere dentro al mio modesto budget personale. Ho risparmiato sei milioni di lire e queste mi devono servire per tutto l’inverno compreso il viaggio; di solito ce la faccio a sopravvivere fino all’arrivo dell’estate quando si ricominciano a produrre lezioni e soldini. Chissà quanto costa il biglietto aereo per Manila?… Due anni fa lo pagai 800mila lire… speriamo bene. Al circolo Fregene Vela Club al Miraggio pian piano cambiano alcune cose nell’amministrazione interna e ancora non ci si adatta al nuovo confuso andamento. Il circolo è sempre frequentato, soprattutto nei fine settimana, molti vanno al ristorante del Miraggio dove si mangia sempre bene; che profumini escono da quella cucina!!!… Altrimenti c’è la tavola calda con i panini, i tramezzini, la frutta ecc…Dietro il bar c’è la piscina con l’acqua profonda 5 metri e il trampolino da cui facevamo i tuffi con il Giggi, il Riccio, il Seppia…abbiamo inventato il famoso tuffo a ‘capretto’.
Altri soci giocano a pallavolo fin verso la fine della stagione; solitamente si chiude nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio per poi riaprire verso la metà o la fine di marzo.
L’anno non è andato meglio degli scorsi due, il rimessaggio è ormai quasi pieno e la situazione è statica; le lezioni sono andate bene, ma di tavole Umberto ne ha venduta una soltanto; anche quel settore sembra vacillare ma c’è stato qualche noleggio di attrezzature ai soci che fa da sostegno alle entrate. Queste dovranno coprire, ma soprattutto superare, le uscite che stanno diventando sempre più alte. I vari boss del Miraggio, vedendo che ci sono parecchi soci, di anno in anno ci chiedono sempre qualcosa in più, siamo arrivati ormai a sei milioni e mezzo.
Umberto dice che vorrebbe aggregarsi per il viaggio a Boracay, beh meglio così almeno saremo sicuramente in due o tre in acqua quest’anno. Ci prepariamo una cassa di legno, ricavata da materiale di riciclo, per poter portare 4 tavole, boma, vele e alberi, e il cassone spedito via cargo arriverà a Manila il giorno dopo il nostro arrivo, cioè il 3 gennaio 1988.
Sarà un bel viaggio: già sento il vento forte, il fruscio delle palme… ricordo i colori dei tramonti mozzafiato. Contatto Alessandro Landi che ormai vive lì, si è sposato con Arline e ha messo al mondo la figlioletta Marielle. Stanno costruendo una casa sul crinale di una collina; con i pali ricavati da alberi di almeno 10 metri mettono su una grossa piattaforma sulla quale alzeranno pareti e tetto, tutto magistralmente messo in opera dai carpentieri locali esperti nel lavorare il bambù e altri legni locali. Dice che ci aspetta, ha prenotato per noi una casa a Bulabog vicino alla spiaggia dove usciamo in windsurf. Tutte le case hanno lo stesso stile: palafitte su posters ricavati da alberi con le pareti fatte da stuoie di bambù e tetti fatti di paglia. Fresche e asciutte anche nei rari giorni di pioggia quando, oltre al fruscio delle palme, il canto delle gocce di pioggia accompagna le nostre tranquille notti.
Dopo aver sistemato il circolo per l’inverno, alzate le palizzate di protezione dai venti da mare, smontati i tendalini dei catamarani ancorati saldamente ad una cima legata ad una piastra di cemento insabbiata mezzo metro, è quasi giunto il giorno della partenza. Le feste natalizie trascorse in famiglia tra panettoni e fritti passano veloci e l’emozione del prossimo viaggio già si sente viva nelle vene.
Il fatidico giorno della partenza è arrivato, la cassa con le tavole è già in viaggio, i nostri zaini sono pronti per essere imbarcati al chek-in della Philippine Airline. Il decollo è l’addio, l’aereo si stacca da terra sorvolando il nostro mare, fin pian piano ad arrivare sopra le bianche nuvole. Dodici ore di volo tra una pennica e uno sbadiglio; stiro un po’ le gambe che si sono mezze addormentate ed ecco che siamo in atterraggio a Manila. Sbrigate le rituali operazioni doganali e il controllo passaporti, siamo fuori in cerca di un taxi che ci porterà ad uno di quegli hotel a buon mercato con il ventilatore che gira l’aria per combattere l’afa della camera. Il giorno dopo abbiamo la missione di cambiare i dollari americani che abbiamo acquistato in Italia in pesos filippini. Per ogni dollaro sono circa 60 pesos: ne cambiamo 400 al mercato nero dove abbiamo trovato uno che ci paga 70 pesos per ogni dollaro americano. Mazzi di banconote: lui le conta, io le conto e poi le passo a Umberto. Alla fine prendiamo il pacco dei soldi e ce ne torniamo al nostro alloggio poco lontano. Ricontiamo i soldi e ci accorgiamo che due mazzette contengono banconote da 5 pesos anziché da 50, ci chiediamo come mai, eppure le abbiamo contate due volte. Poi Umberto dice che le ha ripassate ad uno dei due filippini prima di metterle nella busta e così scambiando le mazzette ci hanno fregato almeno una cinquantina di dollari americani. Infuriati per essere stati truffati torniamo di corsa nell’appartamento dove è avvenuto il cambio. Non c’è più nessuno in giro nelle stanze, solo un bambino che piange nell’altra stanza. Mi viene anche in mente di prenderlo in ostaggio ma poi ragionando mi dico che non conviene finire in mezzo ai guai per 50 sporchi dollari americani. Torniamo in camera con la coda in mezzo alle gambe, truffati e beffati dai filippini, che vergogna; va beh, ormai è fatta, mettiamoci una pietra sopra e prepariamoci a prendere la Jeepney che ci porterà dopo due ore di viaggio a Caticlan. Prima però dobbiamo andare all’aeroporto cargo a ritirare la cassa con le tavole; chiamiamo una Jeepney con il portapacchi e una volta sdoganata la cassa di legno la carichiamo per poi partire diretti verso la nostra prossima meta. La strada è dalla seconda metà polverosa e tutti stanno con i fazzoletti davanti alla faccia, il mezzo è pieno di gente, una quindicina di persone con pacchi caricati e scaricati ad ogni sosta, galline vive legate con le zampe e caschi di banane verdi sul tetto insieme alle nostre tavole da windsurf. La Jeepney fa svariate soste dove si caricano e scaricano merci e Gente , gli odori di frutta e sudore nel caldo umido si propagano mescolandosi . Dopo due ore siamo a Caticlan , un piccolo centro di smistamento merci e Persone che viaggiano verso le isole antistanti alcune miglia . Gli Autisti sono radunati in uno shop davanti al capolinea a bere birra fresca e fumare , accendendo le loro sigarette frettolosamente . La nostra barca per Boracay partirà tra mezza ora , carichiamo le nostre cose assicurandosi che nessuno ci si sieda sopra , la barca è piena , ci sono 15 persone con relativi bagagli e merci varie . Finalmente saliamo a bordo e il motore diesel comincia a scoppiettare pronto a partire , un fuoribordo a gambo lungo leggermente inclinato all’indietro spinge il grosso barcone verso il canale che ci divide da Boracay. La prima sosta è Cagban beach appena toccata l’isola a Nord , la barca approda appoggiandosi alla calma riva dolcemente , aiutata dai marinai di turno. Guardiamo il suggestivo litorale contornato di palme da cocco dove le botteghe e bancarelle sventolano i loro prodotti locali , il profumo degli arrosticini dei venditori ambulanti arriva , a folate , fin dentro il battello innescando un certo appetito . I piccoli parau a vela ancorati sulla riva aspettano pazienti di riprendere il mare , le vele ricavate da sacchi di riso scuciti e ricuciti tra di loro a forma di vela triangolare , si tengono ritte spinte dai due grossi boma issati sull’albero a prua . I “Parau” sono imbarcazioni ricavate da un grosso tronco scavato dalle abili mani dei “maestri d’ascia locali” , con ai lati due grossi bambù tenuti insieme da un lungo braccio di legno incurvato chiamato “hautriger”. Si pilotano stando seduti a poppa per mezzo di due cime tenute con le mani per tenere la direzione della barca , il timone e il resto è tutto in legno locale .Finalmente approdiamo alla nostra fermata Balabog nel bel mezzo della “paradise beach”, una fina sabbia bianca scricchiola sotto i nostri piedi , scaricati i bagagli al fresco di una palma ci guardiamo intorno per cercare un Uomo con il carretto , la signora della bottega di fronte dice che suo marito ne ha uno e che se vogliamo può andarlo a prendere . Fatto detto , seduti in mezzo ai nostri bagagli con la cassa che saltella a ritmo delle buche il carretto trinato da un Carabau pian piano avanza verso Bulabog , guardiamo il paesaggio , ci osservano con curiosità i Locals . Attraversando la lingua di terra tra un laghetto e un altro arriviamo alla nostra casa. Umberto è estasiato dall’atmosfera , ride contento , anche Io sono contento di essere tornato finalmente qui , domani ci aspetterà la nostra prima uscita in windsurf , il vento locale di questo periodo chiamato “Trade wind” è una garanzia alzandosi giàin tarda mattinata per poi durare fino al tramonto. Alessandro Landi ci è venuto a salutare portandoci alcuni doni locali e noi a nostra volta gli diamo il pezzo di parmigiano reggiano come dono e come promesso. Domani alle 11 ci vediamo per la prima uscita , dovremmo preparare le tavole e i giusti rigs per la condizione di vento . Sistemati gli alloggi ci prepariamo una bella cenetta con i pomodori che ci ha portato Alessandro , pasta aglio olio peperoncino e pomodori , la nostra preferita. Al mattino siamo in piedi presto , ansiosi di uscire in acqua sballiamo la cassa e prepariamo le nostre attrezzature , vela 5.2 tavole rigorosamente Cugas !!! L’emozione e la gioia si sprigionano appena mettiamo piede sulle tavole , i colori del fondale che cambiano velocemente sotto la nostra scia che bianca e informe si dissolve . I sorrisi stampati sui nostri visi si incontrano negli incroci di rotte , gioiamo del piacere che solo chi pratica il windsurf può conoscere.