“È stato da poco pubblicato un importante studio dell’organizzazione indipendente ambientalista europea Transport & Environment , effettuato estrapolando i dati disponibili dell’area dell’aeroporto di Amsterdam e analizzando il traffico dei maggiori aeroporti europei, rileva che le particelle ultrafini derivanti dalla combustione del carburante utilizzato dagli aerei potrebbero essere responsabili in tutta Europa di 280.000 casi di ipertensione, 330.000 casi di diabete, 18.000 casi di demenza tra la popolazione esposta al traffico aeroportuale”. È quanto si legge nella nota del Comitato FuoriPista.
“Queste particelle ultrafini – prosegue la nota – sono particolarmente preoccupanti perché penetrano profondamente nel corpo umano e sono state trovate nel sangue, nel cervello e nella placenta. Lo studio è stato condotto verificando l’incidenza di patologie a diverse distanze dal sedime aeroportuale: entro i 5 chilometri, da 5 a 10 e da 10 a 20 km, constatando che il verificarsi di diverse patologie è direttamente proporzionale alla distanza dall’aeroporto. Infatti le emissioni dovute alle fasi di decollo e di atterraggio implicano una particolare esposizione per chi vive in prossimità degli aeroporti. Entro i 5 km da un aeroporto si respira aria che contiene fino a 10.000 particelle per centimetro quadrato, a seconda della quantità di traffico aereo. Per quanto riguarda l’aeroporto di Fiumicino lo studio quantifica che i cittadini esposti al rischio sono circa 700.000 (dati 2020).
Nonostante siano ormai accertati i danni sulla salute come problemi cardiaci, ipertensione, problemi respiratori e effetti a lungo termine sull’aspettativa di vita e nonostante che anche l’OMS abbia ravvisato la crescente preoccupazione per questi inquinanti, manca una regolamentazione a livello europeo sulle soglie di concentrazione di particolato nell’aria.
La bella notizia è che ridurre la quantità di questi inquinanti è possibile utilizzando carburanti di migliore qualità, se solo si modificasse la politica europea volta più a sostenere la crescita del settore aereo che la salute dei cittadini. L’emissione di queste dannose particelle dipende infatti dalla composizione chimica dei combustibili, la cui nocività può essere ridotta fino al 70% utilizzando carburanti a basso contenuto di zolfo e altri aromatici e con altre soluzioni tecnologiche che potrebbero ridurre le emissioni.
Questa è infatti la soluzione raccomandata dallo studio nelle sue conclusioni finali che propone inoltre di “affrontare l’aumento esponenziale del traffico aereo e dell’inquinamento atmosferico vietando ulteriormente l’espansione delle strutture aeroportuali, introducendo dei limiti di voli, promuovendo il trasporto ferroviario, riducendo i viaggi d’affari e attraverso una tassazione mirata del settore aereo”.
Lo studio indica inoltre di installare punti di campionamento all’interno e attorno agli aeroporti per la quantificazione dei livelli di UFP con l’obiettivo di introdurre valori limite per le concentrazioni di UFP nella prossima revisione della direttiva sulla qualità dell’aria e creare uno standard europeo per i carburanti per aerei.
Come Comitato FuoriPista sollecitiamo nuovamente le istituzioni competenti a produrre studi relativi ai danni sulla salute provocati dalle attività aeroportuale e l’implementazione di monitoraggi sulla qualità dell’aria. I soldi – come abbiamo più volte e da anni denunciato – ci sarebbero: sono quelli dell’Iresa”.