Dopo la pausa del 2023, stavolta la commemorazione c’è stata. I vicini se ne sono accorti del via vai tra il 23 e il 24 agosto alla fine di via Palombina, angolo via Rapallo. Un luogo simbolico dedicato in tutti questi anni sempre e comunque a Ettore Muti, il gerarca fascista ucciso a Fregene con una raffica di mitra alle spalle il 24 agosto del 1943.
Da un gruppo guidato allora dal tenente dei Carabinieri Ettore Taddei che lo aveva prelevato poco prima in piena notte dalla villa dove dormiva, a seguire il corteo a piedi verso la pineta e, dopo il segnale convenuto un fischio, la raffica sparata alla testa dal “misterioso uomo con la tuta color caki”, poi rivelatosi Francesco Abate, agente di Pubblica sicurezza.
Le foto della commemorazione sono state pubblicate dal gruppo Azione Frontale,
che ha così commentato l’iniziativa: “L’espressione del volere sovrumano, un impeto senza peso, un’offerta senza misura, un pugno d’incenso sulla brace, l’aroma di una vita pura… Questa notte, come ogni anno, una delegazione delle Comunità del Cerchio ha onorato Ettore Muti nel giorno e nel luogo del suo assassinio. Eroe tra gli eroi, “Gim dagli occhi verdi” vive nella nostra lotta. Onore a Gim”.
Al pellegrinaggio avrebbero partecipato anche rappresentanti di CasaPound, Blocco studentesco, Raido e il Cerchio. Sul muro di una villa privata, molto lontana da quella dove viveva Muti, è stato affisso un manifesto, siglato dai “camerati”, con il volto di Muti definito “eroe e martire”. Nelle immagini ingrandite si vedono i giovani in pose militari, con magliette con fascio littorio e la scritta fascismo sul colletto.
Fregene si è abituata presto a queste manifestazioni. Per tanti anni la morte di Muti è stata ricordata da un semplice mazzo di fiori lasciato da una mano anonima e appoggiato sul muretto, sempre a quell’incrocio. Poi con il passare del tempo, diciamo dal 2015, la ricorrenza ha preso tutta un’altra piega con improvvide “adunate di camerati”, striscioni, saluti romani e tutto il resto del campionario, sgradito agli stessi familiari di Muti. Così infastiditi che nel 2017 la figlia del gerarca, Diana, decise di rimuovere le spoglie del padre dal cimitero di Ravenna, proprio per evitare commemorazione organizzate di questo tenore ogni 24 agosto.
Perché le cerimonie provocano roventi e inevitabili polemiche tra forze antifasciste e gruppi di matrice fascista, iniziative da cui la famiglia Muti si è sempre dissociata: “Diana Muti non ha mai preso parte a questi eventi che si configurano inequivocabilmente come manifestazioni politiche – aveva mandato a dire dal suo legale – Al contrario parla di vera e propria profanazione della tomba del padre”.
Diana è scomparsa nell’estate del 2018 e ora che non c’è più nessuno a rappresentare la volontà della famiglia, sarà ancora più difficile fermare queste periodiche e anche fastidiose derive polemiche.