Delusione e rabbia di  vivere questo tempo così ingiusto così disprezzato per quello che abbiamo creato, una realtà che dona gioia e vive per il benessere psicofisico di chi perso nel tram tram della vita di città cerca un punto di sfogo, di stacco, di pace. Questo è stato fin dall’inizio il fine del Fregene vela club creato dalla passione per il mare, dal condividere quello che ce di meglio nel rapporto sociale, senza distinzioni di classi sociali ne di nessun altro genere o razza Umana. Il distacco è stato inevitabile, potevano dirlo prima, chiaramente che quello spazio che avevamo creato dalla vecchia baracca ad un circolo vero e proprio fatto di servizi necessari, ora era destinato ad altri scopi, forse più redditizi ma sicuramente meno nobili.

Mentre l’inverno aiuta ad allontanarsi dal mare si muovono nuove prospettive per il FVC, ci sono proposte in attesa  e nel frattempo il bisogno di cambiare aria. Ci vuole un taglio, amareggiato e curioso del mondo il 5 gennaio parto per l’Australia verso Sidney, sarà la mia meta di partenza.

Mi accoglie una città indaffarata, dove organizzarmi risulta difficile, faccio un salto a Bonday beach, la famosa spiaggia,  rimango a dir poco sorpreso dal vedere scorrere il via vai su una rampa skate di dimensioni mega, ragazzi e giovani che su tavolette di legno a 4 ruote ingaggiano evoluzioni spettacolari. La spiaggia è stracolma, tanti in acqua a surfare, ed Io che sono alle prime armi  sulla tavola da surf, entrando in acqua lestamente, approccio nel cercare di prendere qualche onda, evidentemente si vede che sono un neofita, mentre cerco di partire su un onda remando affannosamente,  vengo spostato, direi gentimente, ma da una parte come a dire “ Stai in la”. Anche la ricerca di un alloggio rimane complicata, direi che non mi fa’ un bell’effetto questa città, i segnali appaiono chiari, decido di muovermi, piglio un aereo  il giorno dopo verso Melburne, li vicino a pochi chilometri  abita il grande Jason Polakow un mito del windsurf wave del quale sono un suo appassionato fan. Solo un giorno nella città di Melburne basta per rendermi conto del suo quotidiano movimento di Gente che guida grosse macchine in un ordinato traffico in mezzo a palazzine vecchio stile inglese e negozietti dalle vetrine lucidate. Il paese si chiama Torquay situato su una punta esposta a Nw come a S, onde che si incontrano incrociandosi fino a formare un perfetto angolo sul quale manovrare affondando la poppa nel profondo del lip.

Qualche mattina dopo vado a cercare dove abita Jason Polakow, sembra che parecchi lo conoscono qui in zona,mi indirizzano indicandomi un palazzo sopra all’attico, salgo suono una signora mi apre, accogliendomi con un ampio sorriso. Sono venuto a conoscere Jason gli dico, e lei, entra entra Jason è fuori ma siediti vuoi qualcosa da bere, una birra o che ? Cosi ci mettiamo a bere una birretta sulla veranda dell’attico vista Mare di Tasmania cioè, oceano. Dopo un po’ di incianfrugliate  frasi in inglese  molto arrangiate ma condite come al solito da un determinante  accento italiano. Lei prende la parola ,mi racconta che Jason e spesso fuori e che ha un idea di cominciare a fare e vendere una linea di tavole chiamata  scontatamente JP, e che sta lavorando oltre alle gare che spesso lo porta in giro per il mondo. Finiti i racconti sulla vita di Jason mi dice che lei è una surfista anche se ora dedica al surfing  ahime  solo poco tempo ma è molto indaffarata nel getire gli sponsor e l’attività dell’amato Figliolo. Del Padre nessun segno, neanche viene nominato, sarà una altro di quelli che o sono impegnati nel guadagnare dollari oppure se ne andato via liberandosi dai fagotti famigliari. Fatta conoscenza della mamma di Jason prendo il via, incamminandomi verso la fabbrica della Rip Curl proprio li vicino. La cittadina di Torquay è piccola e ben organizzata, ce un campeggio che da fronte mare ad W, ditro l’hotel dove alloggio. La mattina visto un po’ di vento pedalo verso lo spot, sopra una bici rimediata dietro all’hotel, la sacca della tavola con dentro due vele alberi e boma a tracolla, mi si affianca una macchina della polizia ammunendomi del fatto che non ho il casco obbligatorio, giustificando che sono un turista e non conoscevo questa regola mi scuso, mi prendono il nome avvisandomi che la prossima volta ci sarà una multa da pagare se venissi ancora trovato senza casco in bici. Lo spot sulla punta vento mure a destra, onde piccole ma regolari, monto la 5.3 e esco in acqua emozionato di planare per la prima volta in Australia con la mia RRD 250. Due ore di agevole divertimento, pochi salti ma belle surfatine su queste onde così particolari, prima ad ora non avevo mai visto una conformazione simile. Presto sono alla ricerca di un automobile per condurmi in viaggio lungo la costa sud  e ovest, questo è il mio piano quello di guidare da Torquay fino a Perth e Margaret River come tappa finale. Ho saputo che li ce un onda spaziale, esposta oltre la linea della costa arrivano onde anche quando tutto in giro è calmo. Un fondale profondo si incontra con una lastra di roccia piatta formando onde destre per il surf e sinistre specialmente per chi va in windsurf, nelle ore calde. Compro il giornale locale, poi camminando vedo una vecchia Holden pickup restaurata color verdino chiaro. Parcheggiata fuori ad una casa, sul prato, giro e la rigiro intorno, bella si ma i miei dubbi si incastrano sulla sua età di una vita alquanto già vissuta. Chiamo nella casa e qualcuno subito risponde affacciandosi dalla finestra con un largo sorriso. Un “Tipo” ricciolo biondastro mi invita ad entrare a casa si chiama Gary, così gli dico  che mi piace la macchina che vende, una volta capito lo scopo del mio interesse  mi dice  che quella non è il mezzo adatto  essendo una macchina d’epoca e poco affidabile per viaggiare. Mi aiuta consultando un giornale dove sono esposte inserzioni di tante macchine, me ne consiglia una macchina  popolare, di marca Australiana, una Holden andrebbe bene, probabilmente uno station wagon così per stare più comodo, caricare tavole sul tetto. Dopo due giorni di consultazione si arriva alla macchina adatta, una vecchia King wood station wagon sembra in condizioni ok, e costa solo 1000$AUSD.

Il giorno stesso Gary mi accompagna a vederla e di seguito la compro al volo.  Siamo ora nel suo garage ad infilare un materasso dentro  che mi ha regalato, organizzare pentole coperte canna da pesca. Trascorro con Gary  alcuni giorni divertenti aiutandolo a costruire una vasca in giardino,  andiamo a pesca su una barchetta minuscola, dormo da lui per tre giorni, ha detto che ha una camera libera e se voglio posso stare li senza problemi e continuare a pagare l’hotel. Lunedì mattina sono pronto per la partenza, tutto sembra ok, una scorta di olio motore / acqua da bere e via si parte. Lo chiamano il Nullharbor il tratto di strada che collega Merburne a Perth, una lunga strada pressoché dritta che si estende per più di 3400 km di costa, ogni 100 chilometri circa un distributore di benzina, caldo, cespugli, vegetazione tipo savana, dune bianche, canguri morti ai lati della strada. Ho solo due musicassette da ascoltare ripetutamente nel mangia nastri della mia auto, Bob Marley e Bob Dylan  che scorrono a volume alternato riposando soltanto quando il caldo sole muore dietro l’orizzonte. Non guido di notte, appena buio mi apparto in una zona tranquilla e dormo fin che la luce torna, l’abitacolo della macchina è perfetto e nessuno viene a disturbarmi. Al mattino acceso un fuocherello  l’acqua si scalda e comincia a bollire, spengo e metto su una cucchiaiata di tea nero del mattino che mi gusto nel silenzio dell’alba proprio quando  gli uccelli cominciano il canto del loro fare, kukubarra e pappagalli aprono i canti seguiti dal resto della fauna locale. Riprendo il viaggio verso ovest nella costa sud lasciandomi dietro chilometri di asfalto cocente, cespugli piccoli alberelli si alternano a laghi fiumi e foreste. Grandi dune biache si intravedono alla mia sinistra laggiù verso il mare. Le soste sono mirate dove ho possibilità di trovare condizioni per uscire in windsurf, surf o per pescare qualche pesce per la cena. Ho portato con me la 7’0’’ che mi ha costruito Fabio Gini il grande Shaper dei famosi DirtySurfers di Fiumicino, per me ispiratori del surf puro e nostrano. È ancora  solo l’inizio, sto capendo come fare per prendere le onde,starci su un po’ possibilmente curvando e giocando come un fanciullo contento. Purtroppo per ora non è così, mi stanco tantissimo nel remare contro le onde, mi viene il fiatone e per stanchezza esco solo dopo 15  o  venti minuti. Ci deve essere un sistema per non faticare così, vedo quelli esperti che sembrano rilassati e tranquilli stando in acqua per ore. Una tappa importante sarà Penong, vicino alla città di Ceduna, ma dovrò guidare ancora per 900 chilometri prima di incappare in quella zona. La macchina regge alla costante velocità di 100 km all’ora, il vecchio motore gira a bassi giri consumando litri di benzina bruciando allo stesso tempo litri di olio del motore. Strada facendo canguri essiccati dal sole, dal vento secco, giacciono al lato della carreggiata accartocciati putrefatti, in alcuni punti ce ne sono a decine, la strada dritta senza orizzonte segna la rotta per Penong la prossima sosta. Una strada sterrata di 20 km da Ceduna, un piccolo paesino di 5 case, sabbia e cespugli, conigli che attraversano la stretta stradina scartando veloci  a destra e sinistra. 

Il campeggio di Penong  si estende per alcuni chilometri lungo la costa, reti anti squalo proteggono l’area dei bagnanti, un lungo molo segna la baia a sud est. Oltre la punta la spiaggia, onde infastidite dal vento da mare frangono ruggenti. Mi sistemo in uno degli spazi liberi, scarico le vettovaglie per prepararmi un po’ di cibo nella zona apposita dove trovo legna da ardere in un angolo protetto da rocce e  sedili in pietra. Metto su un po’ di riso e quel coniglio che ho trovato appena morto lungo lo sterrato. Dopo averlo scuoiato e ben pulito, lasciandolo per alcune ore in acqua di mare, la spadello con olio aglio e aceto chiesto in prestito da un Surfiero vicino. Una cenetta perfetta, il fuoco rimane acceso fin che siamo li a scambiare due parole tra le poche anime radunate intorno a gli ultimi tizzoni.

Al mattino tutto appare calmo, silenzioso a parte i kukkubarra e seagails che rompono la pace nel fruscio della brezza da terra. Con calma si fa colazione, metto su un tea caldo, l’aria fresca del mattino  cercano conforto le mani stringendo la tazza calda.  Mentre l’aria si riscalda il vento gira e, sono li sul promontorio a guardare la baia. Poco dopo sono ad  armare la 5.3 e il quattro e quattrotto scendo in acqua, sono solo a scorrazzare  su e giù tra il break e e la riva, avvicinandomi a terra intravedo una tavola armata e lasciata li sulla spiaggia coperta solo parzialmente da un telo, ci deve essere qualcuno che esce qui in windsurf, un local sicuramente. Infatti dopo un oretta eccolo che esce anche lui, lunghi capelli grigi un Uomo di mezza età che mi saluta alzando il braccio destro mentre planando ci incrociamo. Surfiamo per un paio d’ore insieme, poi lo vedo atterrare e scomparire li come era apparso. Che strani incontri che si fanno qui da queste parti. Contento anche io esco dall’acqua, disarmo portando tutto li nel mio camp site coprendo con un telo  tavola e vela al riparo dal forte sole e dal vento che ancora insiste da sud ovest con raffiche anche oltre i 18 nodi. Il giorno dopo al mattino presto sono già in acqua con il surf da onda per fare pratica, ci sta un altro Surfiero  sul lato sinistro della baia che prende le onde, vado li cercando di caparne anche io almeno una, il Tipo mi fa segno e mi dice di remare tagliando l’onda nel suo verso sinistro, sono alle prime armi e questo consiglio mi permette di capire come approcciare meglio  il take off della partenza. Lo terrò sempre a mente in seguito, grazie a un consiglio gratuito e prezioso da chi nemmeno ho mai incontrato  prima ne conosciuto.

Il viaggio continua verso l’ovest, la zona di Perth sarà una meta, ci sono ancora tanti km da fare, questa breve sosta di tre giorni a Penong ci voleva proprio mi sono rifocillato e divertito proprio. Al mattino prima di partire mentre scambio due parole con il guardiano del campeggio che è venuto prima di tutto a risquotere la quota per l’uso dello spazio, parlando  mi dice che li da quelle parti ci sono tanti sharks Boy, mi spiega che alcuni Surfisti mutilati o morti per via degli attacchi di squalo  vengono aiutati dalla comunità locale  la quale li prende in adozione, figli orfani o di chi si rifugia nell’alcool o la droga non potendo più andare in mare a surfare. Faccio un riflessione molto profonda in merito, mi metto per un attimo nei panni di chi mutilato dal morso di un white shark vive i suoi giorni alla ricerca di sopravvivere lontanto dal suo Elemento Oceano. Mi rimane in mente questo pensiero a lungo mentre a suon di Blowing on the wind Bob Dylan accompagna il lungo percorso ancora davanti al muso della mia  vecchia Holden kingwood 1974.