Sono alle soglie della pensione e nella scuola ne ho viste tante, ma quest’anno abbiamo veramente toccato il fondo: in ritardo, verso la fine di settembre colleghe precarie da anni sono state nominate nella scuola con contratti a scadenza 31 dicembre e non fino alla fine dell’anno scolastico. Senza tante spiegazioni, si diceva che erano stati messi da parte posti per i vincitori di concorso bandito con i finanziamenti del P.N.R.R.

Le colleghe sono entrate in classe hanno lavorato instaurato rapporti positivi con gli alunni, alcune contente di essere ritornate nella classe dell’anno precedente, la continuità didattica tanto osannata dalla moderna pedagogia. Abbiamo lavorato insieme redatto programmazioni, partecipato a G.L.O., parlato con le famiglie, concordato P.D.P e P.E.I, programmato visite didattiche e viaggi di istruzione, stilato il calendario dei ricevimenti genitori.

Del concorso arrivava qualche notizia “hanno concluso”, “stanno elaborando le graduatorie”. Lunedi 2 dicembre le prime nomine delle vincitrici di concorso sono state quelle su sostegno, le cattedre occupate dalle colleghe precarie risultavano vacanti, erano quelle accantonate per il concorso. Dunque si cambia, arriva la vincitrice del concorso che lavorava già in un’altra sede e si avvicenda con la precaria che ha la nomina fino al 31 dicembre.

Sembra una cosa normale non considerare che dietro queste cattedre che vengono scambiate ci siano persone professioniste con anni di esperienza e alunni che dopo tre mesi di scuola vedono andar via la propria insegnante sostituita da un’altra che dovranno conoscere e abituarsi a lei. Questa mattina avrei invitato il nostro ministro ad assistere al saluto che l’insegnante ha fatto ai suoi alunni cercando di consolarli e disporli ad accogliere la nuova insegnante cercando di non mostrare la propria rabbia e indignazione.

Siamo infatti tutti indignati da questo atteggiamento, bastava aspettare il prossimo anno rispettare la dignità e il lavoro fatto riconoscere la peculiarità della scuola e la delicatezza del ruolo dell’insegnante. Non lavoriamo con delle cose, ma con ragazzi spesso fragili il nostro ruolo deve essere riconosciuto siamo formatori e l’istruzione non è un fornire nozioni, ma creare rapporti di fiducia, non è un “travaso” di conoscenza, ma sentire e capire insieme, è empatia è un discorso da fare insieme con continuità.

Secondo me è un dovere denunciare questa situazione, nessuno dice niente spiega cosa c’è dietro, si fa ironia l’insegnante è cambiata non si sa bene, né il perché, né di chi è la responsabilità. E tutti rassegnati mandiamo i nostri figli a ripetizioni o chi può in una “buona” scuola privata.

Lucilla Gemini