Un locale bellissimo. Ci sono voluti quasi due anni di lavoro ma alla fine ne è valsa davvero la pena. Perché il nuovo ristorante Borgo San Giorgio di Maccarese è un piccolo capolavoro del gusto. Prima che del palato, nella scelta della ristrutturazione e dell’arredo. Una cura dei particolari evidente fin da quando si inizia a salire la scala in via dei Pastori 30, l’angolo finale del lato nord del Castello.
L’ingresso sembra quello di una locanda d’altri tempi, una lavagnetta riporta i piatti del giorno, dopo la prima rampa incisa su una lastra di marmo la scritta: “Nihil difficile volenti”, il motto di chi non si arrende alle difficoltà. Il tempo di arrivare in cima e di osservare il panorama delle botteghe dall’alto ed ecco l’ingresso, una volta all’interno ci si trova immersi in un’atmosfera avvolgente. Come fanno i migliori chef per esaltare i sapori, si è rispettata del tutto la “materia prima”.
Il locale è stato riportato a come era in origine, finestre, pietra, soffitto, tutto è originale. Ogni mattone è stato liberato dal cemento con lo scalpellino, un lavoro da restauratori. I mobili, bellissimi, sono stati realizzati da artigiani con legni antichi, compresi i tavoli, ognuno dei quali ha una storia a sé, a volte secolare, visto che ce ne sono alcuni del 1700. Persino i lampioni sono pezzi unici, provenienti da vecchie stalle del nord Italia.

Due stanze, una più piccola, informale con il “tavolo dello chef” davanti alla cucina, l’altra più di rappresentanza con al centro il camino, più una terza, chiamata “la cantina”, dove c’è la boiserie con i vini, un po’ più riservata con tre piccoli tavoli, in tutto 45 posti seduti.
Dalle finestre affacciate sul giardino del Castello si insinua una luce calda, familiare. Alle pareti riproduzioni di foto d’epoca di Maccarese e quadri di Manglard. E poi la meraviglia della cucina a vista incastonata in una finestra con cornice in legno, sembra un grande affresco, forse l’angolo più suggestivo del locale. Con all’interno la Rolls Royce dei cuochi appassionati: un Blocco Molteni sul quale sono esposte tutte le padelle più rare della collezione di Stefano Gismundi, il creatore di questo gioiello della ristorazione.
Appassionato di cucina (e non solo), fin da bambino, come vogliono le migliori tradizioni, seguendo le orme e i segreti prima della nonna e poi della mamma, famiglie in parte pugliesi e in parte abruzzesi, anche se la matrice gastronomica prevalente resta quella romana.

L’avventura di Stefano parte nel 1993, quando sulla Cassia, vicino all’Olgiata, si innamora di un antico “Vini e Oli” abbandonato. Lo rileva e lo ristruttura, aprendo la sua prima attività: “Il Casaletto”. Dopo due anni e tante soddisfazioni, nel 1995 è pronto per una nuova sfida. Mette gli occhi su un altro locale nella Cesano antica, quella delle vecchie mura medievali. “Incarnava tutte le caratteristiche della vecchia osteria del paese, nonostante stessimo a pochi chilometri da Roma”, racconta.
Nasce così “L’Osteria del Borgo”, la porta sulla vetta e poi decide di lasciarla: “Avevo ormai raggiunto tutti gli obiettivi”, spiega. Così lascia tutto nelle mani del socio Andrea e dei suoi figli.
Riparte da Maccarese, altro borgo, un progetto appassionante e insieme una scommessa, anche qui si innamora di una vecchia struttura abbandonata e nel 2020 apre con dei soci “L’Osteria di Maccarese”.
Ma tra le sue tante passioni c’è anche quella del mare, diventa un armatore, costruisce un peschereccio, pesca pesci spada, occhioni e aragoste, San Pietro e poi cede la barca ai Pompieri di Marsiglia che avevano bisogno di un mezzo veloce come il suo.
Ora da pescatore mancato, la nuova avventura, proprio sopra L’Osteria che continua a curare: “Nei locali aperti ho sempre lavorato solo carne, così ho pensato di aprirne uno diverso e dedicarmi un po’ di più al litorale – racconta Stefano – Maccarese secondo me incarna questa possibilità di integrare la cucina di mare con quella di terra. Una formula comprensibile a tavola, non parliamo di cucina gourmet, ma sostanza, forma e gusto. Stiamo tornando alle origini, stiamo ritrovando i sapori di una volta, non esiste alterare la qualità della materia prima. Qui ci sono gli orti di Maccarese, l’asta del pesce di Fiumicino e Civitavecchia. Ci sono i pescatori, le telline del litorale e quindi perché non dedicarci a questo?
È la genesi del Borgo San Giorgio aperto lo scorso dicembre, insieme al figlio Mattia che lo segue in sala. Dove riporta tutto il suo sapere sulla cucina di terra e riprende le ricette tradizionali della pesca e del pescato del giorno, forte di materie prime di eccellenza del mare e della campagna circostante. “Uno dei piatti della Dolce Vita – rivela – è il classico spaghettone di qualità con le telline, sgusciate una per una, con aglio rosso di Proceno e prezzemolo. Oppure la coda di rospo alla vaccinara con la classica preparazione, oppure la trippa alla romana di rana pescatrice. Ci sono poi le melanzane alla parmigiana rivisitate con polpo verace inserito nella stratificazione della parmigiana, con pomodoro, parmigiano e basilico”.
Senza mai stravolgere i sapori per una offerta gastronomica che incontra il piacere e il gusto della maggior parte delle persone, utilizzando pescato locale, povero come muggine e acciughe, ma anche pesce bianco di cattura locale.
Nel menu compare sempre la carne, l’eccellenza dei prosciutti selezionati con l’esperienza di una vita, come l’Antico Nero d’Aspromonte o Jamon iberico. Ottimi tagli di maremmana, agnello, pomodorini del Piennolo del Vesuvio e amatriciana con guanciale di cinta senese, non mancano mai.
E siccome la filosofia Gismundi resta sempre “Il dettaglio fa la differenza”, basta osservare i piatti, i bicchieri e i menu per capire quanto studio e passione ci sia dietro. Solo la “Carta degli Oli”, per la quale ha ricevuto premi a ripetizione, è tutta da vedere con eccellenze da ogni Regione. Con al primo posto il fuoriclasse “Borgo San Giorgio”, con tanto di bottiglia dedicata prodotta dall’azienda agricola “Cinque Colli” in provincia di Ragusa ai piedi dei Monti Iblei nella parte più a sud della Sicilia orientale. “Ho conosciuto Stefano qualche anno fa, è stato lui a scegliere il nostro olio, estratto dalla varietà tonda iblea in purezza – spiega il titolare Sebastiano Giaquinta – su sua richiesta ho realizzato un olio personalizzato per ‘Borgo San Giorgio’, partendo dalla selezione di un campo appositamente coltivato e lavorato, per raggiungere una qualità estrema”.
Emozioni anche per il vino, con una cantina spettacolare: “Mi sono orientato su piccole aziende – rivela Stefano – una buona parte sono anche vini naturali, c’è molta presenza di vini realizzati nelle isole italiane, come ad esempio Ventotetene con il Pandataria il vino del confino, isole Pontine, Giglio, Elba, Ustica e Pantelleria.
Tra i dolci da assaggiare assolutamente il gelato con le mandorle di Maccarese e il pinolo di Fregene. Borgo San Giorgio, aperto tutti i giorni, tel. 06-59603683.