Qui al Fregene Vela Club, dopo la prima stagione estiva andata oltre le aspettative, siamo impegnati nella manutenzione del grande edificio che costituisce la parte dedicata alle attività sportive all’interno dello stabilimento balneare dei Ministeri Finanziari. Abbiamo preso accordi depositando mensilmente una somma di denaro e accollandoci le spese per la manutenzione dello stabile che, solo a guardarlo, ci fa cadere le braccia.

Dopo 8 mesi di pesante lavoro la parte interna è quasi ultimata, le pareti sono state rintonacate, i cornicioni ristrutturati e messi insicurezza, l’impermeabilizzazione è ormai a posto avendo rifatto totalmente tutta la stuoia di asfalto dei 500m2 di tetto che ricoprono l’enorme struttura. Una grande mole di lavoro: le spese sono state pagate in parte con le quote dei 20 soci della stagione estiva 1991 e in parte con i pochi risparmi di cui, fortunatamente, ancora dispongo. Un altro 25% viene coperto da mio padre Pietro Barbuzza che da quel momento, nel bene e nel male, si sente parte integrante del circolo, nonostante il suo carattere estremamente ‘preciso’ che non ammette nessun comportamento non conforme al suo modo di fare. Capisco che in questo momento dove sto cercando di creare nuovamente il ‘gruppo’ il suo comportamento possa infastidire alcuni soci i quali vengono spesso ripresi per i modi a volte poco rispettosi nei confronti della struttura che viene tenuta pulita in maniera quasi maniacale.
Lascio andare spesso, cercando di tramettere sia a Pietro che ai soci il mio modo più tollerante e rilassato tendente a creare un clima disteso e amichevole. La musica di sottofondo di Bob Marley nel frattempo suona intonando il reggae che scivola leggero tra la brezza mattutina. L’autunno ci regala belle mareggiate con sciroccate mitiche seguite da piogge torrenziali, per fortuna siamo ben isolati dalla pioggia battente, oltre alle famose libecciate da SO che spazzano via dalla sabbia la puzza di quel che rimane della crema solare ‘Lancaster’. La palizzata di protezione viene issata e tenuta su da pali ben impiantati nella rena con lunghe linee di fil di ferro su cui viene fissata la pesante rete di nylon a maglie fitte.
Le rimesse sono organizzate dando ai soci il comfort di tenere le vele semiarmate ben sistemate sui 200 ganci disposti sulle rotaie scorrevoli fissate al soffitto; gli spogliatoi degli uomini sono adiacenti alle 5 docce disponibilie riscaldate dalla caldaia che ci siamo portati dalla precedente sede del Miraggio. Per questo devo dare un premio a Enzo, uno dei soci, che l’ha istallata alla perfezione convertendola da diesel a gas metano anche se per questo è stato necessario istallare un bombolone all’esterno appena fuori dall’entrata del circolo.
Le tavole, ancora bagnate e frastornate dai sobbalzi sulle onde, riposano comodamente sulle 200 rastrelliere; di lato c’è lo spogliatoio delle donne fornito di 3 comode docce.
I sorrisi stampati sul viso di quelli che poche ore prima entravano nel circolo con la smorfia di chi ha trascorso una mattinata al lavoro e nel traffico cittadino sono la mia più grande soddisfazione e mi fa pensare che il nostro lavoro è un servizio sociale che andrebbe sovvenzionato dal Comune di Fiumicino a favore dei suoi cittadini. I ‘personaggi’ sono svariati e variopinti nelle loro diversità: c’è Luigi l’elettrauto, al quale viene affibbiato dal mitico Massimiliano il soprannome ‘ lampadina’ per via del suo strumento di lavoro per cercare la corrente tra fili e fusibili; poi c’è Fabrizio, soprannominato Phil Collins per la sua somiglianza con il famoso cantante; Il ‘Minni’, Massimiliano, con il suo fisico che sembra un palestrato, anche se non lo è; Claudio, chiamato ‘Smith’ per il suo passato nella Roma periferica; Luigi, ‘Pisellino’, per la sua statura bassa e compatta e poi lui, il ‘Peppinella’, con la sua chiacchiera dalla voce graffiante, e Alessandro, ‘l’Omone’, con la sua statura grossa e sempre con un gran sorriso. Questi sono solo alcuni degli aficionados per ora costanti frequentatori del FVC, ne potrei citare altri come Marco Polenta con l’amico Alessandro Carbone, il giovane ‘Leotta’, i mitici Fabio Carafa, Fabrizio Ferri, Gianluca Santilli, Valter Caprara ecc… tra i tanti che frequentano il circolo. Saltuariamente arrivano come un terremoto ‘il Gaspero’, Raimondo Gasperini con il suo nuovo ‘compare di merende’ Marco Begalli, per godersi il meglio delle giornate di ventone e non solo…
La struttura rimarrà aperta fino a fine novembre quando tutti dovranno liberare i posti assegnati, a meno che non preferiscano lasciare lì a dormire le attrezzature per i tre mesi di chiusura invernale, quando i venti diventano rari e freddi e non vale veramente la pena tenere aperto il circolo. Sto programmando un altro viaggio in Malesia in occasione della seconda edizione del Kuantan Challenge, una regata slalom del circuito PWA (Professional Windsurfing Association) in programma per i primi di gennaio 1992. L’ultimo giorno di apertura del circolo è domenica 25 novembre, c’è un gran fermento, ma con una nota di tristezza sul volto dei soci del club, mentre io sono contento di godermi finalmente il meritato riposo dopo un periodo di duro lavoro. Dopo aver chiuso il cancello del circolo ci diamo appuntamento al bar ‘da Camillo’ per riscaldarci con una tazza calda e uno dei suoi famosi squisiti cornetti; qualcuno purtroppo lamenta la sparizione di un albero ‘Roto’ in due pezzi verde. Mi reco anch’io al bar dove tutti sono comodamente seduti, chiedendo in giro se per sbaglio qualcuno abbia messo in macchina un albero in più. Uno dei soci è già in macchina pronto per partire per Roma carico di tavole, vele e boma; mi affaccio e chiedo: “scusa Giuseppe, ma tu quanti alberi Roto hai”, risponde: “due, perché?”, “perché ne vedo tre nella tua macchina!”… “o caxxo, scusa, devo aver preso al volo le cose…”, dice mentre mi restituisce l’albero che a mia volta riconsegno al socio che, con un sorriso rilassato, mi ringrazia; sono cose che succedono, per fortuna tutto risolto, non sarebbe stata una bella cosa chiudere il club con una vena di dispiacere.
Il periodo natalizio è ormai nell’aria, si starà in famiglia. Al Villaggio dei Pescatori c’è odore di legna bruciata nell’aria che si è fatta fredda. Il fine settimana gli amici di Roma vengono a trovarmi rimanendo accampati in branco nelle stanze della mia casetta. Pisellino prepara belle pietanze; un giorno rischiamo, mentre saltava olio e aglio in padella, di bruciare la cappa della cucina: un enorme fiammata si alza oltre la cappa causata dall’olio bollente con la passata di pomodoro fredda, per fortuna senza grossi danni.
La cappa annerita dal fumo e semi bruciata in seguito è stata sistemata dall’ingegnosità di mio cognato Massimo Messere, detto ‘Pallino’, grande pilota di moto da corsa e caro amico. Pensate, ha già vinto il campionato italiano classe 500 con la sua Honda Four preparata da un meccanico della nostra zona della scuderia Ianniccheri.
In vista della prossima regata ho messo insieme alla tavola RRD, una soltanto, tre vele 6.5m2-5.5m2 e 5m2, tre alberi in carbonio e due boma. Le sacche sono pronte al check-in e anche questa volta la passo liscia, dato che Malesian Air Line è sponsor della gara di windsurf, e non pago l’extra baggage richiesto di solito. Il volo è buono, atterriamo a Kuala Lampur nel primo pomeriggio, il cielo è nuvoloso, una navetta predisposta per il trasporto degli atleti carica sia me che altri due atleti. L’albergo è lo stesso della volta precedente e bandiere e striscioni pubblicizzano l’evento sventolando ai lati delle strade della cittadina di Kuantan. Una volta scaricate le attrezzature, ci assegnano gli alloggi, oltremodo lussuosi, con frutta fresca da mangiare disposta su una cesta e un’orchidea sul cuscino del letto. Dopo la registrazione alla regata, segue la cerimonia di apertura, una serie di balletti tradizionali con smanettamenti e sviolinate a ritmo di ‘ciufolo’ Malese. Le ballerine, addobbate con cappelli luccicanti e nastrini colorati, danzano per un’ora; finalmente è il momento del rinfresco, su un tavolo a semicerchio di circa trenta metri c’è tutto il ben di Dio che ci rinfresca e ci sazia a modino.
Il giorno seguente c’è lo skippers meeting per spiegare il format dello slalom, le partenze e gli orari previsti; il cielo non promette nulla di buono, nuvole grigie sopra le nostre teste ci coprono totalmente. Tutto il giorno a mettere a punto le attrezzature armando le vele e preparando le giuste pinne da accoppiare con le stesse, prima seduti poi sdraiati sulle nostre sacche, al coperto del grande atrio, guardiamo l’orizzonte nell’attesa di un accenno di vento. Altri due noti surfieri e amici di regate venuti dall’alta Italia sono apparsi camminando con passo lento. Alessandro Comerlati e Francesco Moretti sono venuti anche loro qui per confrontarsi con il meglio del windsurf mondiale professionistico. Con Francesco ci andiamo ad allenare un po’ nell’attrezzata palestra dell’hotel, facciamo qualche partita a squash, per me la prima volta, e poi un po’ di stretching.
Due cari amici appaiono all’improvviso camminando con passo cadenzato verso la zona atleti, non e’una novita’incontrarsi con loro sui campi di regata: sono la giovane Alessandra Sensini, vera promessa del windsurf nazionale, e lo shaper toscano Roberto Ricci. Con Roberto siamo amici; vado spesso a Grosseto nel suo laboratorio nel piano interrato della casa di famiglia per progettare e costruire le tavole che uso per il wave. La sua mamma ci prepara sempre dei bei pranzetti e mi accoglie come uno di famiglia, il papa, un uomo laborioso e gentile, lo aiuta nel laboratorio in mille modi. Roberto e simpatico e capace di realizzare shape che al momento nessuno riesce ad eguagliare. Ricopre inoltre un ruolo importante,e’Chairman nel ‘Committee’ del PWA. Ora qui anche lui per regatare con la sua ‘figlioccia’ Alessandra che gode della sua stima e utilizza le attrezzature RRD.
Nulla di fatto nei primi due giorni, il vento è insufficiente per regatare dato che il minimo stabilito è di 15 nodi. Le ariette di giorno aumentano un po’ e siamo allertati dalla bandiera a righe bianche e rosse (chiamata intelligenza) seguita da un suono di tromba che avverte di entrare in acqua entro mezz’ora. Poi però la bandiera ‘intelligenza’ viene ammainata, nulla di fatto anche nell’ultimo giorno in programma; il Comitato di Regata stabilisce di chiudere l’evento dividendo il monte premi per tutti i 20 partecipanti. Il mattino dopo a malincuore richiudiamo le sacche un po’ delusi, ma ripagati questa volta delle spese incassando 1500 dollari a testa: per la prima volta nella mia vita tornero’a casa da un viaggio con più soldi di quando sono partito!
Delusi per il fallimento dell’evento io, Roberto Ricci, Alessandra Sensini e Claire (una atleta inglese) decidiamo di andare a fare un giro al nord per cercare onde da surfare; la nostra meta la gia’famosa isola chiamata Palau Perhentian al confine con la Tailandia.
Un ragazzo nello Staff dell’organizzazione del Kuantan Challenge di nome Tamil si offre, gentilezza locale, di accompagnarci con la sua macchina e cosI’carichiamo le sacche con i windsurf e le borse.
Siamo lungo l;autostrada AH18, lungo il percorso ci facciamo un sacco di risate con i suoi racconti e con le battute di Roberto che da buon toscano conserva l’umorismo classico della sua terra.
Dopo circa 4 ore di viaggio giungiamo al porto di Besut per imbarcarci sul traghetto per Palau Perhentian. Tre ore di traversata e sbarchiamo su questa magica isola; la pace, il sorriso degli isolani, il profumo di legna bruciata, i fiori esotici che sfilano al lato delle stradine…
Un comodo bungalow ci accoglie, il sole picchia sodo, ci immergiamo in acqua per un bagnetto… per ora niente onde sul break di Kecil. La serata trascorre in armonia condita con una cenetta di pesce e verdure locali, la notte ci mostra un soffitto di stelle nel cielo infinito. Al mattino, nella mia passeggiata di risveglio, vedo grosse iguane razzolare nel posto dove vengono gettati i rifiuti, una grossa buca fumante… i grossi lucertoloni scappano a scatti veloci. Ci sono trappole fatte con cappi di grossi cavi di acciaio pronte a strozzare i grossi rettili. Organizziamo un giro in barca tra gli anfratti che corrono lungo la laguna che costeggia il mare. Due altri giorni indimenticabili nei villaggi dell’isola che esploriamo curiosi, incontrando sorrisi e gente semplice impegnata a stendere grandi quantità di pesce ad essiccare su lunghe stuoie di canne. Purtroppo le onde non arrivano e i giorni destinati al trip sono terminati, Tamil il nostro amico autista ci aspetta a Besut per portarci a Kuantan; qui raccoglieremo il resto dei bagagli, sacche contenenti tavole, vele, boma e alberi; un’altra nottata nel lussuoso hotel dal quale la
mattina di buon’ora ci allontaniamo salutando con lo sguardo il brusio della vita ritmica e poco caotica di Kualalampur.
All’aeroporto una sorpresa mi sta aspettando, al check-in mi chiedono 500USD per l’eccesso di peso dei bagagli; inutile è la mia lamentela argomentando che la compagnia aerea è lo sponsor ufficiale della manifestazione e che all’andata sono stato riconosciuto come atleta. Niente da fare, anche il capo scalo chiamato ad intervenire non ne vuole sapere, non mi resta che lasciare $500 sul banco e chiudere la cosa con non poco risentimento. Una volta a Fiumicino mio padre mi aspetta con il suo classico sorriso, portandomi finalmente nella mia casetta al Villaggio dei Pescatori.
Il mio cagnaccio Lillo, sempre un po’ incazzato i primi giorni, conserva un po’ di risentimento nei miei confronti per essere stato lasciato nelle mani di mio padre e costretto a noiose passeggiate sui marciapiedi di Via Peveragno a Roma. Una volta tornati a Fregene, l’aria è ben diversa, una bella passeggiata anche con Lupo e Tak, che hanno vissuto al circolo tenendo d’occhio i cancelli e i confini. Tutti insieme lungo la riva, verso nord fino al fiume Arrone nostro punto di riferimento e luogo di bagni dove i tre entrano nell’acqua nuotando fino alla riva opposta. Sono contenti ed io con loro di vivere questi momenti di libertà, di profumo di mare, di sabbia bagnata sotto i piedi nudi e infreddoliti.
Le giornate di marzo scorrono lasciando lo strascico dell’inverno nell’aria frizzante e nell’acqua gelata, brrrr… ancora troppo fredda. Per fortuna che a casa il caminetto riscalda bene… Natascia non vedeva l’ora che tornassi. Il piumone blu ci coccola davanti al fuoco, Lillo sta sotto il divanetto acciambellato sul tappetino di stuoia. Le mani di intrecciano, le braccia si incastrano in abbracci teneri, la sua bianca pelle, i suoi lunghi capelli castani rossastri luccicano nella luce tenue di quelle magiche serate vissute in pieno.
Al mattino rimane l’odore della brace di quercia nell’aria frizzante, il lettone disfatto, lo stereo con su ancora il disco di David Bowie, la tazza di tè caldo tra le mani infreddolite. Due manate di acqua fredda sulla faccia e siamo già fuori nel vicoletto, tra le viuzze che separano casa dal mare; ancora una svolta e si vede il mare, piatto, cupo nel cielo grigio. Loro, i cani, corrono verso la riva ed io dietro seguendone le tracce sulla battigia verso nord.
Finalmente marzo conclude l’ultima fase invernale per lasciare il passo al mese di aprile e al sole tenue e piacevole dell’inizio primavera del 1992. Una nuova stagione è alle porte, c’è gran voglia di tornare in acqua, di spolverare le sacche lasciate in garage ad ammuffire per tutto l’inverno. Una settimana prima dell’apertura si sistemano servizi, spogliatoi, docce e rimesse, una bella pulita alle palizzate, alle barche e ai cancelli; la sabbia ammucchiata di stende e, quando tutto è pronto, arriva finalmente il fatidico giorno annunciato dalla segreteria del FVC e dal magico numero 6680958: “Buongiorno windsurfieri, rieccoci qui pronti ad aprire la stagione velica 1992, oggi il mare si presenta tranquillo e calmo con venti da est tendenti a girare verso sud-est nelle prime ore del pomeriggio; forse ci farà una sorpresa nel giorno dell’apertura, chi lo sa?… Voi tenetevi pronti, non dimenticate le mute 4/3 mi raccomando”. Già alle 10 del mattino arrivano i primi surfieri per accaparrarsi i posti più ambiti, Massimiliano, Riccardo, Renato, Valter, scaricano le loro macchine cariche di sacche, mazzi di alberi, vele; ognuno ha almeno due tavole e tre vele. Dopo la colazione di rito al bar delle Sirene davanti alla strada che porta al circolo, camminiamo raccontandoci le ultime storie con risate e battute seduti comodamente ai tavoli, disordinati e caciaroni come sempre ce la spassiamo contenti di ritrovarci qui, i soliti incalliti amanti del mare di Fregene.