Qualche anno fa intervistai Nonna Italia. Ne uscì un articolo dal titolo “Il Valore di un pollaio a Maccarese”. Un brano molto interessante sulla cultura contadina, a mio avviso toccante ed emozionante. Le risposta alle mie domande spalancavano scenari di una storia e ricordi ormai lontani. Oggi, a distanza di qualche anno, sono tornato a farle domande che potrebbero sembrare banali, ma in realtà non lo sono affatto. Alcune sue risposte, in dialetto veneto e cispadano, racchiudono sensazioni, stati d’animo e sentimenti che portano indietro nel tempo e aprono spunti di riflessione, rendendo le sue parole ancora più autentiche. E inoltre, non mancano di certo le risate!
Ciao Nonna Italia, a distanza di qualche anno ritorno ad intervistarti, innanzitutto come stai?
“Come voto che stia … Come na vecia senza mari!” (Come vuoi che stia, come una vecchia senza marito).
Hai sempre voglia di scherzare è, allora partiamo con le domande, quanti anni avevi quando sei arrivata a Maccarese?
Sono venuta nel 1933, avevo dieci anni. Mi ricordo che al mio paese avevo fatto le prime tre classi; qui ho fatto la quarta e la quinta elementare.
Da dove venivi?
Da Rosà, in provincia di Vicenza.
Come mai sei venuta cosi piccola a Maccarese?
I miei genitori erano venuti prima di me, nel 1929, per vedere come era la situazione, nel periodo della bonifica; prima mio padre e poi mio fratello Lino, insieme a mia madre.
Quando i tuoi genitori stavano a Maccarese, non ti mancavano? Lì a Vicenza con chi stavi?
Stavo con mia zia e il marito, e poi sono venuta a Maccarese anche io. Mi ricordo ancora quando sono arrivata alla stazione con il treno a vapore.
Hai qualche ricordo appena scesa dal treno?
Nonna Italia, comincia a ridere sotto i baffi; tasi va (stai zitto va)! Appena scesa dal treno ho visto mia sorella Virginia. Ricordo che appena mi vide mi disse: “che brutta che ti si” (che brutta che sei)! Lei aveva quattro anni, aveva sei anni meno di me e non mi conosceva, era la prima volta che mi vedeva. In tutto poi eravamo nove fratelli!
Insomma a dieci anni sei arrivata a Maccarese, come vedeva una bambina di dieci anni questo luogo? come ci si stava?
Non c’era niente. Né acqua, né luce, mancavano tante cose: c’era solo la casa. L’acqua bisognava prenderla alla fontana. All’inizio non conoscevo nessuno, ghera gente foresta (c’era solo gente sconosciuta). Ricordo ancora quando è arrivata la luce, sembrava di vivere in un mondo nuovo.
Prima hai detto che andavi a prendere l’acqua alla fontana, cosa volevi dire?
In ogni centro della bonifica c’era la fontana, dove bevevano le bestie quando andavano nel rimissin (spazio aperto dove pascolavano le mucche) e noaltri (e tutti noi) andavamo a lavare i panni, sempre molto presto prima che arrivavano le bestie. Per noi quella fontana era il bagno: li ci lavavamo i piedi, il collo, le ascelle; ma anche lungo i canali, mica erano come adesso, l’acqua era limpida. In casa non c’erano i bagni avevamo i vasi da notte.
Quindi il fontanile era un luogo molto importante, giusto?
Certo! Scherzeti (scherzi!). Ci andavamo sempre, anche alle quattro della mattina, perché dovevi trovare l’acqua pulita, soprattutto quando facevi i panni bianchi. In casa si preparava l’acqua bollente e ci mettevo la cenere bella pulita. Poi prendevo el mastel (un cesto metallico) e ci mettevo un telo sopra e passavo l’acqua. Quell’acqua era bella e profumata e la usavo per lavare i panni. Savessi come venia bei (sapessi come venivano bene).
Dove andavate al bagno di giorno?
Andavamo dietro le baracche, dietro al centro. Pensa che spesso ci andavi, vedevi qualcuno accucciato e allora te scappavi (scappavi via), quel posto era già occupato, qualcuno stava facendo i bisogni!
Allora il fontanile era importante, giusto?
Era un luogo d’incontro, ci si sedeva e se disea delle parole (si chiacchierava). Qui spesso veniva anche il caporale e dava degli ordini e poi gli operai andavano a lavorare, chi nelle stalle, chi in campagna.
Anche la sera vi vedevate alla fontana oppure stavate in casa a guardare la televisione?
Ma quala televisione! Scherzeto? (ma quale televisione, scherzi?). La prima che l’ha messa era il Baglio (soprannome di una persona che abitava a Maccarese, in via dei Tre Denari), che faceva pure osteria; andavamo la qualche volta e si stava un po’ insieme. Do voi che andaine (dove vuoi che andavamo) alla sera ci riunivamo alla fontana, vicino alle stalle delle bestie, oppure dentro, se era troppo freddo, anche sul fieno. I grandi ciaccolavano da una parte, e i ragazzi da un’altra parte.
Come si stava nei centri di Maccarese?
Si stava meglio di adesso, non c’era l’odio di adesso, eravamo tutti fratelli, c’era unione; e poi c’era l’educazione e il rispetto. Ci si aiutava, gheine niente (non avevamo niente); pensa, c’era chi andava in cerca di un biccer (un bicchiere) d’olio per esempio e andava dalla famiglia vicino. Ci mancava sempre la roba, c’era miseria. Non avevamo niente ma ci volevamo bene. Quando ancora c’era un po’di luce si mangiava: quanta polenta e latte che ho mangiato!
Ora i centri di Maccarese sono molto cambiati e anche la fontana vero?
Prima tutto era di tutti; mica come adesso dove se litiga (si litiga) per meso metro (per mezzo metro): questo è il pezzo tuo oppure questo è il mio, mica ghera l’amministrator de condominio (mica c’era l’amministratore di condominio). Il centro era tutto pulito! Era pulito anche se c’erano gli animali. Per esempio c’era chi faceva lo spazzino, insomma tutto era più organizzato ed eravamo felici, c’era fratellanza.
E la fontana oggi com’è?
Tasi va! (stai zitto va!). Pensa che quando hanno cominciato a dividere le proprietà nei centri, e quindi a comincià a litigar (hanno cominciato a litigare) la volevano buttare giù, roba da pazzi, e le dava fastidio (gli dava fastidio a qualcuno). Ma mi (ma io) non ho mia voludo (non ho mica voluto). Oggi la fontana è diventata una fioriera, non solo al centro 41, ma anche in altri. Purtroppo in alcuni centri è stata distrutta. La storia è stata distrutta.
Scusa se te lo chiedo per rallegrarci un po’, ma visto che tutto si svolgeva nel centro… qualcuno faceva qualche scappatella, anche allora succedeva, no?
De sta roba non parlo mia, mi me fago i fatti miei! (Di queste cose non parlo, mi faccio gli affari miei!) Te digo (ti dico) solo che una volta uno le usci, lè scappa (è uscito, è scappato) dalla finestra, quando il vero marito è entrato dalla porta! El ga lascia la cinta però! (ha lasciato la cinta però!).
Che dire ancora una volta Nonna Italia ci sorprende; ci racconta che ogni centro aveva il suo fontanile, che serviva per far abbeverare gli animali, per lavare i panni e per prelevare l’acqua. Nello stesso tempo la fontana era un luogo di alta valenza sociale, un luogo di aggregazione dove ci si incontrava e come dice lei “si dicevano delle parole”. Dalle sue risposte traspare la povertà e le difficoltà dell’epoca, ma la ricchezza morale di quei tempi: c’era fratellanza, unione, rispetto ed educazione e, quel poco che c’era, era di tutti. Un pezzo di storia che non può essere dimenticato. Farmi raccontare la bellezza dei tempi passati è una cosa che mi affascina da sempre, e di certo i suoi racconti sono una ricchezza che non possiamo lasciarci sfuggire. Gli anziani di oggi rappresentano un tesoro inestimabile per noi, sono i custodi del sapere: le loro storie ci mostrano una strada percorsa che dovremmo iniziare a intraprendere anche noi, se solo fossimo capaci di farlo. Solo così potremmo tornare ad assaporare valori e principi di un tempo, che oggi non esistono più.
di Riccardo Di Giuseppe, Naturalista – Resp. Oasi WWF di Macchiagrande