Una passeggiata sulla riva del Villaggio dei Pescatori accanto alla Foce dell’Arrone dopo la scaduta del mare rivela la presenza tante belle sorprese
Ritorno a Fregene dopo quasi due mesi di assenza e trovo un Arrone “diverso”. La sua foce non è più in corrispondenza dello stabilimento Baubeach di Maccarese, ma davanti al Kiosco di Fregene. Evidentemente, le piogge invernali hanno dato forza e velocità al fiume che ha tagliato il cordone di sabbia che lo deviava verso nord, gettandosi direttamente in mare. Del resto, la foce dell’Arrone è sempre stata molto dinamica e pronta a modificarsi in base al gioco di onde e correnti, e alla portata del fiume. Il disegno attuale favorisce la spiaggia di Maccarese che ha guadagnato qualche centinaia di metri a scapito di quella di Fregene.
Dopo il fortissimo vento dei giorni scorsi, il mare è in scaduta e ha lasciato sulla riva molti reperti interessanti. Appena arrivo sulla battigia, incontro un bell’esemplare di “piede di pellicano” (Aporrhais pespelecani, foto 1).
Non è certo una rarità, ma neppure un incontro di tutti i giorni. Le sue tre punte palmate gli consentono di muoversi sul fondo sabbioso senza affondare. Vicino alla sponda del fiume, tra alghe, legnetti e altri detriti trovo un enorme bivalve che non riconosco ma, di sicuro, non è una specie marina. Scoprirò che si tratta della “vongola gigante” (Sinanodonta woodiana, foto 2), una specie d’acqua dolce proveniente dall’Asia che può raggiungere anche un chilo.
La giornata promette bene e continuo la mia passeggiata esplorativa. In una pozza d’acqua formata dalla recente mareggiata, è rimasta intrappolata una bella “mattra” (Mactra stultorum, foto 3), che rigetto in mare.
Anche un “murice spinoso” (Bolinus brandaris, foto 4) è stato sorpreso e gettato a riva dalle onde. I fenici e i romani da questo mollusco ricavavano la preziosa porpora: per pochi grammi occorrevano migliaia di esemplari.
Tra qualche mese, sulla spiaggia compariranno gli agglomerati bianchi e spugnosi delle loro uova. Raccolgo la capsula ovarica di una razza che purtroppo è stata predata da una natica o un murice, come testimonia la presenza di un forellino. Come sempre, ci sono tante telline (Donax trunculus, foto 5), ma due sono diverse: “tellina planata”, la più grande della famiglia, e “tellina incarnata”, rosa e con il lato posteriore appuntito. I “cuori” (Acanthocardia tubercolata, foto 6) sono comuni, ma sempre belli. I loro colori variano dal giallo al rosso e, qualche volta, sono completamente bianchi. Molti giovani esemplari sono stati perforati dalla natica (Neverita josephinia, foto 7), una chiocciolina che buca le conchiglie servendosi della radula, una specie di lingua dentellata, e di una secrezione acida.
Il “pettine di mare” (Pecten jacobaeus, foto 8) ha le due valve molto diverse: quella destra è convessa, l’altra è piatta. In acqua, se disturbato, si sposta a mo’ di “dentiera”, aprendo e chiudendo le valve. È su questa conchiglia che viaggia la Venere del Botticelli.
Più avanti non c’è niente di interessante, mi fermo. Trovo un riparo dal vento, sorseggio un caffè caldo e respiro boccate di libertà. Tra poco tornerà la primavera e sarà un altro giro di giostra.
di Luciano Bernardo