di Antonella Maucioni / Garante per i diritti dell’infanzia del Comune di Fiumicino
La Giornata mondiale contro il Lavoro minorile , che si celebra ogni anno il 12 giugno , deve essere un’occasione per puntare i riflettori sui milioni di bambini costretti a lavorare e che per questo vengono allontanati dalla scuola e dallo studio, privati della protezione di cui hanno bisogno e dell’opportunità di costruirsi il futuro che sognano. Nel mondo i minori tra i 5 e i 17 anni vittime di sfruttamento lavorativo sono circa 152 milioni ed è stato calcolato che se questi bambini e ragazzi a cui viene sottratta l’infanzia vivessero tutti in unico Paese, costituirebbero il nono Stato più popoloso al mondo. L’implacabile dato statistico ci dice che nel mondo questi piccoli schiavi invisibili sono circa 1 su 10 e che quasi la metà di loro – 73 milioni – sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che ne mettono a rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di vista psicologico. Del totale dei minori vittime di sfruttamento lavorativo oggi presenti al mondo, 79 milioni hanno tra i 12 e i 17 anni di età, mentre 73 milioni sono molto piccoli, tra i 5 e gli 11 anni, e quindi ancor più vulnerabili ed esposti al rischio di conseguenze sul loro sviluppo psico-fisico.
Il lavoro minorile in alcune aree del Sud del mondo è spesso conseguenza di catastrofi e di conflitti armati. Quando scoppia una crisi, la capacità delle famiglie di fornire cibo, istruzione e una tutela adeguata ai propri figli è seriamente minacciata. Le famiglie in queste drammatiche situazioni possono essere costrette a ritirare i bambini dalla scuola per farli lavorare e questo può portare ad un aumento sia della diffusione che della gravità del lavoro minorile, comprese le forme peggiori , come la schiavitù dei minori finché non si saldino i debiti. I bambini possono anche essere costretti a lasciare i campi per rifugiati per lavorare in agricoltura o ad andare a raccogliere acqua e combustibile dove sono anche a rischio di violenza e abusi. Nei conflitti armati, poi i rischi fisici delle armi e delle mine possono rendere ancor più pericoloso il lavoro dei bambini .
Che cos’è il lavoro minorile
Il lavoro minorile è definito come il lavoro svolto al di sotto dell’età minima legale di ammissione all’impiego, che secondo quanto stabilito dalla Convenzione dell’ILO (Organizzazione Internazionale per il Lavoro) del 1973, può variare da un minimo di 14 anni ad un massimo di 16 anni. La soglia minima legale è fissata autonomamente da ciascun Paese che ha ratificato la Convenzione.
Fin qui la definizione che deriva dalle norme internazionali e che sembra quasi attenuare la terribile realtà : l’attività lavorativa dei minori priva i bambini e le bambine della loro infanzia, della loro dignità e influisce negativamente sul loro sviluppo psico-fisico. Infatti questo disastroso fenomeno sociale comprende varie forme di sfruttamento e abuso spesso causate da condizioni di povertà, dalla mancata possibilità di istruzione, da situazioni economiche e politiche in cui i diritti dei bambini e delle bambine non vengono rispettati .
IL LAVORO MINORILE IN ITALIA
Il lavoro minorile nel mondo
Il lavoro minorile è un fenomeno ampiamente diffuso, non solo nelle società dei Paesi in via di sviluppo, ma anche nei Paesi industrializzati, dove vi è la tendenza a nasconderlo, stigmatizzarlo ed a parlarne solo quando vengono denunciate situazioni limite. Sono stati compiuti significativi progressi negli ultimi 20 anni: nel 2000, infatti, il lavoro minorile coinvolgeva 246 milioni di bambine e bambini, cioè 94 milioni in più rispetto alla situazione attuale, progressi che hanno riguardato soprattutto Asia centrale e Europa Orientale. Tuttavia nonostante questo miglioramento, il mondo è ancora lontano dal raggiungere l’obiettivo di sradicare ogni forma di lavoro minorile entro il 2025, come previsto negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. In base al trend attuale, in quella data, vi saranno purtroppo ancora 121 milioni di minori vittime di sfruttamento lavorativo.
Quasi la metà del totale (72 milioni) dei minori coinvolti in qualche forma di lavoro si trova oggi in Africa, con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad che fanno registrare le percentuali più alte di bambini tra i 5 e i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile. In questi Paesi, infatti, lavora più di 1 bambino su 2; quasi 1 su 3 (29%) se si considera l’area dell’Africa subsahariana dove, rispetto al passato, la lotta al lavoro minorile non soltanto non ha fatto registrare alcun miglioramento ma, al contrario, ha visto un incremento del fenomeno.
In Italia
Questa terribile piaga non risparmia neanche l’Italia dove il lavoro minorile è vietato dal 1967, ma è un fenomeno che non solo non è mai scomparso, ma che la pandemia, le scuole chiuse e l’allargamento delle aree di povertà ad essa dovute, rischia di aggravare. Sullo sfruttamento lavorativo dei minori esistono, poi, anche pochi dati, e soprattutto non esiste un monitoraggio continuo. Ci sono i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, relativi alle sanzioni per la violazione della legge (nel 2019 sono state 243 e a breve uscirà l’aggiornamento sul 2020), ma naturalmente sono la punta di un iceberg che rimane per la gran parte sommerso. Gli ultimi dati di fonte attendibile risalgono al 2013 e sono quelli di “Game over” , una ricerca condotta dalla Fondazione Trentin e da Save the Children, in collaborazione con l’Istat, dopo la quale nulla è più stato fatto. Un vuoto statistico che andrebbe colmato per dare a questo fenomeno le risposte legislative e sociali che merita. In ogni caso , quella lontana indagine fotografa una situazione niente affatto confortante : i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel fenomeno erano allora stimati in 260.000, più di 1 su 20 tra i bambini e gli adolescenti della loro età.
Secondo Antonella Inverno, responsabile Policy and Law di Save The Children “la parola chiave per capire il fenomeno del lavoro minorile è ‘sommerso’ , perché i dati si riferiscono a pochi accertamenti di violazione, mentre sappiamo che il lavoro minorile è fenomeno più ampio e interessa sia stranieri che italiani”.
Al crescere dell’età aumenta la quota di chi fa un’esperienza di lavoro con un picco nella classe 14-15 anni (il 18,4%) ed è interessante osservare come questa concentrazione delle esperienze di lavoro in età preadolescenziale possa essere messa in relazione con il fenomeno degli “early school leavers” (abbandono scolastico) che, come noto, in Italia ha un picco rispetto agli altri Paesi dell’UE.
La scuola è il primo presidio a tutela dei bambini e dei ragazzi : dove le scuole sono presenti e attive esse contrastano i rischi che i minori in situazione di disagio possono correre che non sono solo quelli di poter essere sfruttati in lavori pesanti, ma anche di finire nelle mani della criminalità o avviati alla prostituzione.
Cosa è accaduto durante la pandemia
Il rapporto congiunto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e dell’UNICEF “Child labour: 2020 global estimates, trends and the road forward” (“Lavoro minorile: stime globali 2020, tendenze e percorsi per il futuro”) — pubblicato proprio in occasione della Giornata mondiale di quest’anno — segnala che il progresso verso l’eliminazione del lavoro minorile ha subito una battuta d’arresto per la prima volta in 20 anni. Infatti la tendenza al ribasso che ha visto il lavoro minorile diminuire di 94 milioni tra il 2000 e il 2016 ha subito una inversione ed il numero di bambini costretti al lavoro minorile è salito a 160 milioni nel mondo — un aumento di 8,4 milioni negli ultimi quattro anni. Il rapporto segnala poi che, a livello globale, altri nove milioni di bambini rischiano di essere spinti verso il lavoro minorile entro la fine del 2022 a causa della pandemia e una simulazione mostra che questo numero potrebbe salire a 46 milioni se questi bambini non avranno accesso alla protezione sociale. Le ricorrenti crisi economiche e le chiusure delle scuole, a causa del COVID-19, hanno costretto in alcuni casi i bambini che già lavorano a farlo più a lungo o in condizioni peggiori. Inoltre, molti altri bambini potrebbero essere costretti a forme peggiori di lavoro minorile a causa del venir meno del lavoro e del reddito nelle famiglie che si trovano in una condizione di vulnerabilità.
“Le nuove stime sono un campanello d’allarme. Non possiamo restare a guardare mentre una nuova generazione di bambini è a rischio”, ha affermato il Direttore Generale dell’ILO , Guy Ryder. “Un sistema di protezione sociale inclusivo permette alle famiglie di poter mandare i loro figli a scuola anche in un contesto di vulnerabilità e difficoltà economica… Ci troviamo in un momento cruciale e molto dipende dalla qualità della nostra risposta. È ora di rinnovare con forza il nostro impegno per invertire la rotta e spezzare il ciclo della povertà e del lavoro minorile”.
E la Direttrice Generale dell’UNICEF Henrietta Fore ha dichiarato “Stiamo perdendo terreno nella lotta contro il lavoro minorile e l’ultimo anno non ha reso questa lotta più facile …In questo secondo anno di confinamento a livello mondiale, con la chiusura delle scuole, l’interruzione delle attività economiche e la riduzione dei bilanci nazionali, le famiglie sono costrette a fare scelte disperate. Esortiamo i governi e le banche internazionali per lo sviluppo a dare priorità agli investimenti in programmi che possano far uscire i bambini dalla forza lavoro e riportarli a scuola, e in programmi di protezione sociale che possano aiutare le famiglie ad evitare di ricorrere a tale scelta”.
Le prospettive
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in collaborazione con il partenariato mondiale dell’Alleanza 8.7 ( uno degli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile ) ha lanciato il 2021 come “Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile” .
L’obiettivo di questa iniziativa è quello di incoraggiare azioni legislative e politiche finalizzate a prevenire e contrastare il lavoro minorile nel mondo. La risoluzione che proclama il 2021 come Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile è stata adottata all’unanimità dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2019 per sollecitare i governi ad adottare le misure necessarie per promuovere il lavoro dignitoso e di porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme entro il 2025. Un obiettivo difficile da raggiungere , come già scritto. Ma per ottenere anche solo una riduzione significativa del numero dei piccoli schiavi , si richiede agli Stati membri di adottare misure immediate ed efficaci per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani, garantire la proibizione e l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile (compreso il reclutamento e l’uso di bambini-soldato).
Per invertire la tendenza all’aumento del lavoro minorile, l’ILO e l’UNICEF chiedono:
- Un’adeguata protezione sociale per tutti;
- L’aumento degli investimenti a favore di un’istruzione di qualità e il ritorno di tutti i bambini a scuola anche per i bambini che non andavano a scuola prima del COVID-19.
- La promozione del lavoro dignitoso per gli adulti, perché le famiglie non debbano ricorrere al lavoro dei loro bambini per generare reddito familiare.
- Porre fine agli stereotipi di genere e delle discriminazioni che hanno un impatto sul lavoro minorile.
- Investimenti in sistemi di protezione dell’infanzia, sviluppo agricolo, servizi pubblici rurali, infrastrutture e mezzi di sostentamento.
La settimana di azione contro il lavoro minorile – che si svolge dal 10 al 17 giugno 2021 – è un’occasione importante per generare riflessione e consapevolezza sul fenomeno e durante questi 7 giorni sono previsti interventi di importanti interlocutori ed eventi che si svolgono in tutto il mondo. Tra le voci più autorevoli che si sono levate per chiedere che cessi questa ferita vergognosa , quella del nostro Presidente della Repubblica Mattarella.” L’Italia – ha sottolineato il capo dello Stato – non è esente, purtroppo, dal fenomeno del lavoro infantile, incluso lo sfruttamento da parte della malavita organizzata, situazione che compromette il futuro di nostri giovani e della intera società. Occorre uno sforzo corale di tutta la società e delle sue istituzioni, per porre fine a questa grave violazione dei diritti dell’infanzia e rendere effettivamente vigente il diritto dei bambini a un avvenire da loro liberamente scelto”
E Papa Francesco su twitter ha affermato: “ I Bambini sono il futuro della famiglia umana: a tutti noi spetta il compito di favorirne la crescita, la salute e la serenità! #NoChildLabourDay”.
Cosa possiamo fare
Il coinvolgimento della società civile è fondamentale perché i cambiamenti siano realizzabili. La maggior parte dei paesi hanno ratificato gli accordi che proteggono i minori dallo sfruttamento sul lavoro ma è necessario insistere perché i bambini possono fare davvero poco per la difesa dei loro diritti. E’ responsabilità dei governi e dei cittadini denunciare e insistere affinché si adottino provvedimenti per porre fine a tutto ciò. Cosa possiamo fare noi come comuni cittadini ? Più di quello che immaginiamo: i cambiamenti richiedono lo sforzo di ciascuno di noi….
Ad esempio possiamo:
- Ridurre il consumo compulsivo e rinunciare a prodotti non necessari legati spesso proprio allo sfruttamento minorile
- Informarci e impegnarci a livello locale in programmi sociali di aiuto all’infanzia.
- Appoggiare le organizzazioni non governative nazionali e internazionali attive in questo settore
- Sollecitare il nostro sindacato affinché si mobiliti in solidarietà ai sindacati dei paesi stranieri
- Intraprendere attività a titolo personale come trasmettere ad altri le proprie informazioni sulla questione e discutere di questa problematica con amici, colleghi , familiari…
- Fare proposte nelle scuole, associazioni di genitori degli alunni e maestri, perché intraprendano attività come esposizioni, discussioni o conferenze che mostrino la problematica del lavoro infantile e permettano di creare una maggiore coscienza sociale
- Sollecitare le imprese e/o le organizzazioni a partecipare ad azioni di solidarietà contro lo sfruttamento infantile.