Tanti tratti, nessun collegamento, nemmeno per gli studenti del Da Vinci e del Baffi di Maccarese
Due anni di pandemia, di privazioni e cambiamenti di rotta, per alcuni palestra di resilienza, revisione di valori, scelte e priorità tra superfluo ed essenziale. Ecco, tra l’essenziale c’è salvarci, noi e l’intero pianeta, che sta implodendo. Noi, però, rispetto ad altri, abbiamo un privilegio, quello di vivere in un villaggio dove la natura che ci circonda è un regalo inestimabile.
Eppure in tanti, continuiamo a constatare che il villaggio è sempre più malconcio, troppo spesso maltrattato e maltenuto. Tanta rabbia e amarezza per gli appelli inascoltati, le aspettative disattese, per le strade devastate, le segnaletiche sbiadite, il mare che non si vede, i varchi liberi un miraggio, i rifiuti che ci circondano, i cestini che non esistono. Per non parlare poi di quell’orda di barbari vacanzieri che ci invadono per mesi, con le loro auto sfreccianti, i loro parcheggi selvaggi e i loro rifiuti abbandonati, l’arroganza di tanti, troppi, il dio denaro che impazza e alimenta costruzioni che dilagano.
Abbiamo gioito per una pista ciclabile di 4,8chilometri a vasca di cemento che costeggia un mare che non si può vedere e non congiunge i villaggi limitrofi. Già, perché per arrivare a Maccarese in bicicletta devi rischiare la vita sulle curve del Vivaio e per arrivare a Focene devi pedalare a braccetto con la morte per 4 chilometri su viale di Porto fino all’idrovora.
La ciclabile così realizzata è un corso di sopravvivenza e io nel 2016 sono sopravvissuta, tra l’altro senza mai ricevere una risposta all’esposto protocollato in merito a quel grave incidente. Comunque i chilometri verso entrambe le località sono pochi, circa 4 per Focene e 6 scarsi fino al liceo di Maccarese.
Utopia: come sarebbe bello vedere un fiume di adolescenti in bici verso la scuola, con il casco in testa e lo zaino sulle spalle, ogni volta che si può, ogni volta che non piove e da noi piove poco, un’invasione di massa su una ciclovia verso le scuole e la stazione dei treni, commovente . Utopia: migliaia di auto in meno circolare su e giù ogni mattina, circa 300 mattine l’anno, prima per un figlio, poi per un altro, per molti andata e ritorno, innumerevoli volte. Tempo, prezioso tempo, benzina, gasolio, gas… tutti a intasare, ostruire, inquinare.
A scuola insegnano l’intelligenza ecologica, implorano di fare sempre di più per salvare il nostro pianeta, ognuno come può, insegnano che ogni goccia fa il mare…Allora ci chiediamo se l’amministrazione progetta opere così ecosostenibili per la collettività, non solo giornate ecologiche per ripulire, ma opere per impattare meno sull’ambiente, per collaborare alla tutela e alla salvaguardia, per rendere omaggio a quella che chiamavano la “città delle biciclette”.
Chissà se qualcuno di loro usa la bicicletta come mezzo alternativo e osserva, pensa, chiede, studia, si arrovella, si confronta, prende esempio da altri paesi su come poter realizzare una ciclovia semplice, magari senza cemento, per così pochi chilometri, una larga striscia colorata che congiunge e non si ferma per farci girare in tondo, come in una ruota per i criceti.
Nell’utopia che un giorno si possa realizzare, aspettiamo fiduciosi di veder scorrere quel fiume di adolescenti e di pendolari pedalatori, forse stanchi e un po’ invecchiati, ma vuoi mettere con che forza e orgoglio!
Gabriella e Massimiliano