Il giorno dopo, carico la mia tavola nuova fiammante sul tetto della Renault 4 rossa, legandola con corde varie alla meglio, sotto ci metto due asciugamani per non rovinare la vernice. Sulla via Aurelia lungo la strada, al 13mo km, mi fermo per controllare che il legaccio tenga la tavola e il resto bel fermo .
Appena arrivato a Fregene al Villaggio dei Pescatori, via Silvi Marina 131, scarico pian piano per evitare di rovinarla. Sul terrazzo di casa, la sistemo sotto una tettoia al riparo da salsedine sole e la sabbia di solito quando tirano i forti venti delle mareggiate da sud ovest, le famose libecciate o nord ovest quando il maestrale entra deciso.
La mattina dopo, bussa alla porta casa mia Giggi, per vedere la nuova tavola , “che siluro” esclama, io ridacchio sotto i baffi, “dai andiamo in spiaggia, aiutami ad armarla, il termine sembra militaresco ma è così che si dice quando si prepara un imbarcazione a vela, dai la proviamo insieme”.
La vela sembra impaziente come me di prendere il vento. Una brezza da ponente dolce e gentile ci accoglie, sulla riva baciata dal tenue sole primaverile.
Mi tocca di diritto il primo giro, una volta finalmente in acqua mi tremano le gambe dall’emozione , nonostante tutto salgo su al volo, la vela inizia a spingere avvicinandosi al boma, la pressione del vento la riempie dandogli una forma che assomiglia a quella dei un ala di un grosso uccello .
Con le mani stringono forte la gomma del profilo ad arco, controllo cercando pian piano di far entrare il vento, puntadomi con i piedi ben saldi sulla tavola faccio una poggiata, così si dice quando si porta l’albero piegato in avanti, la tavola comincia a prendere il via. Liscia e sicura prende il bordo sotto vento attaccandosi alla superficie del mare, naviga bene, pian piano aumenta la velocità, che sensazione , con un sorriso che esprime il senso di libertà che da questo navigare, penso unica .
A circa duecento metri dalla linea che divide il mare e la terra intento una virata, attento a non perdere troppa velocità, viro con successo e guardando il Gigi sulla riva, con un sorriso che segna questa evidente contentezza. Fino alla riva tenendo ancora la vela al vento che sventola facendo quel tipico suono di dacron nuovo. Gigi, freme anche lui dalla voglia, prende il boma che ci passiamo di mano in mano. E via come un grillo salta su , naviga verso l’orizzonte. L’aria è ancora fresca e noi che non abbiamo ancora l’abbigliamento adatto, rimaniamo con il sotto della muta da sub, ritrovata in fondo all’armadio ancora piena di talco. Un maglione di lana e un kway sopra per proteggere gli spruzzi.
Passano così gli ultimi mesi primaverili tra le pratiche di windsurf mattutine e il lavoro nella piscina di Fiumicino. Siamo in sintonia io con Gigi, come due fratelli sappiamo come trattarci a vicenda, ci conosciamo fin da bambini e conosciamo i nostri caratteri, quello che ci piace e quello che no. Abbiamo anche questa passione in comune, ci alleniamo tutta la primavera facendo pratica quasi tutte le mattine. Ormai abbiamo imparato a dirigere la tavola dove vogliamo e manovrare sia verso il vento (virata) che giù dal vento (strambata) ps. qualche velista un giorno mi spiegò che il termine strambare la vela è considerato un errore cioè una manovra involontaria e che i Windsurfer hanno adottato chiamandola così come una manovra volontaria. Le voci corrono veloci nell’ambiente, abbiamo scoperto che l’importatore della Sailboard è a Roma e ha un magazzino dalle parti del quartiere Monteverde. Un giorno capita che siamo, sia io che Giggi a due trovare la famiglia in città, ci sentiamo telefonicamente mettendoci d’accordo di andare a vedere il magazzino della Sailboard e conoscere l’importatore . Arriviamo all’indirizzo , dove ce l’entrata di un garage con la saracinesca aperta e porte di vetro come entrata, con il logo S . In fondo lunghi cartoni accatastati, scatoloni con accessori, cataste di boma, mucchi di alberi ancora incelofanati . Un uomo dai capelli brizzolati si avvicina sorridente,“posso fare qualcosa per voi”.“Siamo due appassionati” rispondo . Con un sorriso a quaranta denti l’uomo si presenta, “ Cerioni allungandoci la mano destra. “ Claudio “, “Gigi” sorridenti rispondiamo alla sua simpatia. Poi confessa che pensava che eravamo li per iscriverci ai Campionati italiani. Ci guardiamo io e il Gigi, “ I campionati italiani” ?. “E quando sarebbero ?”. “ Il prossimo giugno , a Sorrento”. Ci diano un occhiata col Giggi. “ C’è Marco Bastoni e Mario Romoli che vanno insieme ad un altro ragazzetto, mi sembra di nome Pietro, hanno un camper, magari se vi organizzate vi potete aggregare con loro, vi do il numero di telefono, fateci una pensata su e mi raccomando fatemi sapere che vi iscrivo”. Non riusciamo a staccare una parola, imbambolati rimaniamo in silenzio per qualche minuto, nel frattempo Cerioni si è rimesso al lavoro, sistemando le pile di scatoloni. Da dietro il bancone salutiamo e usciamo imboccando la salita del garage. Tutti e due pensiamo alla stessa cosa, la possibilità di fare il Campionato italiano Sailboard a Sorrento. In realtà non confidiamo molto sulle nostre capacità , avendo così poca esperienza accumulata a dir tanto in poco più di una trentina di uscite. La cosa ci eccita al pensiero di vedere il livello degli altri Regatanti. Oltre Romoli , Bastoni e il giovane Pietro chi saranno gli altri , dicono che parteciperanno anche alcuni altri Windsurfisti forti di Ostia ?
Mentre torniamo insieme verso Fregene, una volta usciti dalla città, siamo sulla S.S. Aurelia. Sono al volante mentre il Giggi se ne esce: “Che dici Lallo ci andiamo a Sorrento?”. Mi parte una risata, “ Certo sarebbe divertente , ci vorrà un po’ di grana”. Per dormire magari ci adattiamo nel camper, in cinque la vedo dura”. Arrivati davanti alle casette del Villaggio dei Pescatori , parcheggio al lato della strada davanti al vialetto di casa mia. Ci salutiamo e ogni uno si dirige verso la propria abitazione , un saluto da lontano “ci vediamo domani mattina, con calma,vediamo le condizioni che dicono”, grida il Giggi, camminando spedito .
Al mattino dopo, alle 8 apro gli occhi, sento Lillo che al lato sinistro a fianco del letto sul tappetino che comincia a scodinzolare alzandosi seduto, mi guarda come dire “Dai forza alzati e usciamo”. Mi sciacquo al volo la faccia infilandomi i calzoni e una felpa e imbocco la porta di casa. Fuori dal cancelletto c’è anche Billy , un randagietto che vive li fuori il muretto di confine di casa mia. Gli ho anche attrezzato una cuccetta per passare l’inverno al riparo, lui proprio non vuole saperne di stare chiuso in qualsiasi recinto o posto chiuso, è randagio di natura. Abbaia appena passa qualcuno sulla strada, tiene sotto controllo la sua zona. A qualcuno questo non piace , dato che ha un sesto senso e una certa antipatia per alcune persone, non solo per i Senegalesi o i venditori ambulanti .
Prendo il vicoletto a destra poi a sinistra poi ancora a destra, quasi in fondo, appena finito il muro di recinzione della casa di Giggi Ameri a sinistra ecco che vedo il mare. Lillo corre avanti con Billy lo affianca correndogli dietro, con le sue gambe storte. Sulla spiaggia le barche dei Pescatori i mucchi di reti, le ancore di ferro piantate nella rena tengono le barche salde a terra. Ben sistamate sopra le palanche che le tengono dritte.
Cammino verso la riva , il mare è liscio, piccole onde rompono sulla riva lasciando lunghe strisce di spuma bianca. La sabbia lungo la battigia è morbida, i piedi nudi si affondano un po’.
Prendiamo il lato verso nord fino alla foce del fosso Arrone , il nostro spot di pesca, anche Lillo adora quel posto, infatti è proprio lì che lo trovai due anni fa che razzolava in mezzo ai canneti, lasciando un fruscio al suo passaggio tra le canne sulla riva del fiume, come lo abbiamo sempre chiamato noi. La sua natura di cacciatore lo diverte a stanare le gallinelle acquatiche che vivono li in mezzo. Ogni tanto torna con una in bocca mezza tramortita. Dietro alle spalle della foce “La Riserva” come la chiamiamo noi, una bella macchia mediterranea che sfuma fino al fitto bosco di proprietà della Maccarese s.p.a .
Io nel frattempo do un occhiata se vedo qualche scia di pesce ai lati e davanti la foce, solo qualche branchetto di cefaletti passano veloci sfiorando la superficie dell’acqua, lasciando un increspatura come una scia a punta sulla liscia superficie del mare. Con un fischio richiamo Lillo, al secondo eccolo che attraversa il fosso e viene sulla riva precedendomi nella via del ritorno. Billy che è sempre vicino a me annusa con interesse le toppe di alghe sulla battigia e di tanto in tanto lanciando traccia del suo passaggio, ha una camminata simpatica con le sue gambette disordinate.
A mezza strada intravedo Giggi che si avvicina con il suo passo calmo, anche lui con il suo cane lupo passeggiano lungo la spiaggia desolata del mattino. “Ciao Gi”, “ Bella Lallo piatto ehhh”, riferendosi al mare. “Che dici Lallo alzerà un po’ di brezza ?”. “ Bo mi sembra improbabile , semmai dopo pranzo”, noi abbiamo ancora le lezioni di nuoto e dopo pranzo verso le 15.30 sarà l’orario di partire per andare a Fiumicino , ci vuole una mezz’oretta per giungere in piscina.
Facciamo colazione insieme al Bar delle Sirene , il nostro baretto preferito, dove fin da bambini siamo andati essendo il più vicino dla Villaggio dei Pescatori. Poi tornati a casa decidiamo di lavorare un po’ sulle canoe, ne abbiamo due da scartavetrare e riparare. Giorgio il fratello minore di Giggi, per modo di dire, ha “rimediato” due canoe K1, le stiamo sistemando nel giardinetto dietro a casa mia. Da giorni le levigatrici vanno come rumorose zanzare. Per terra un polverone rosso blu, ormai sparso per tutto il giardinetto e corridoio incluso. Ne avremo ancora per un altro paio di giorni.
È ora di muoverci per raggiungere il lavoro, la macchina del Giggi una Meari arancione sfreccia su Via Coccia di morto , attraversando poi il ponte levatoio d Fiumicino, e dritti fino alle case popolari di Via del Faro dove ce l’edificio della piscina Comunale.
I ragazzini delle prime ore si divertono un sacco quando facciamo la ginnastica di riscaldamento, facciamo i pazzi imitando i movimenti a ritmo di ballo. L’odore del cloro sale fino al piano superiore, oramai ce lo abbiamo nella pelle, anche quando sudiamo un po’ esce oramai assorbito profondamente nei pori della pelle.
Una volta alla settimana ho una lezione speciale con Matteo, un ragazzino di sei anni affetto da disabilità. Si diverte con me, leccandomi sistematicamente le mani che guidano la tavoletta che lo aiuta a tenersi a galla, lo fa come un gesto incontrollato o forse si, non capisco bene. Il papà è cosi contento ed entusiasta di vederlo sorridere e fare piccoli progressi.
La sera, all’ultima lezione a volte anche noi entriamo in acqua con gli Allievi adulti, guidando il ritmo delle multiple vasche nuotate nei diversi stili. Finiamo sempre dopo le 8, in venti minuti siamo già in macchina per tornare a Fregene. Improvvisando spesso cene con quello che abbiamo in frigo, un pesce, qualche verdura, un po’ di riso. Il caminetto della mia casetta nel frattempo scintilla a ritmo dello scoppiettio. Riscaldando il piccolo ambiente dei 70 metri quadri. La sera finisce davanti alla brace a volte fumando una sigaretta tranquilla, la stanchezza ci avvolge e a palpebre ci calano, ci salutiamo augurandoci una buona notte.
Una di quelle mattine mi affaccio verso la spiaggia e vedo che già il vento di scirocco, caldo, eccitante, si è alzato, creando con il suo soffiare onde che scorrono veloci da sud a nord, il colore e l’odore dell’acqua si sente quando arriva da sud, portando con se una mescola di acqua verdastra. Ci prepariamo armando la tavola per fare la nostra pratica giornaliera, oramai l’acqua sembra si sia scaldata un bel po’, ci attrezziamo in pantaloncini maglione e kway.
Prendiamo il via affrontando le onde davanti , ci costringono a fare piccoli salti superandole in velocità, quando la tavola atterra solleva bianchi spruzzi accompagnati da un sonoro tonfo sordo Sbammm…
Un volta fuori le onde sono più regolati, il cielo grigio prelude la piaggia che prima o poi arriverà. Il mare colorato di verdastro, più bluastro al largo si increspa sotto lo sferzare delle forti raffiche di vento. Una volta a terra regolo meglio la vela, va tirata sia sotto che dietro al boma, così da poter scaricare meglio le forti raffiche. Oramai le braccia dolenti sugli avanbracci segnano che l’uscita è giunta al termine. Certo che dominare la tavola con una vela di 6.5m con più 20 nodi è tosta anche se ora siamo abbastanza allenati e abbiamo imparato a usare il trapezio , cioè una cintura con un gancio davanti, all’altezza dell’ombelico che si collega a due cimette legate sul boma, le devi mettere nel punto giusto se non vuoi faticare, inevitabile in condizioni del genere Lo stiamo imparato ad usare da poco, a seconda dell’intensità del vento vanno anche un po’ spostate, accorciate o allungate.
A pranzo, a casa di Ardiana parliamo della mattinata con Armandoche ha sempre una parola di incoraggiamento. Davanti a un bel piatto di seppie ripiene. Saranno buone ste seppie ma a me oggi fanno un effetto strano, ho un po’ di nausea. Sarà che ne mangiamo quasi tutti i giorni ultimamente da due settimane e neanche a farlo apposta, appena dopo pranzo mi sdraio sul letto accusando nausea e mal di pancia … appena in tempo per evitare che la colata di vomito prenda in pieno la mostra della porta del bagno… vomito tutto. Sudato e puzzolente d’acido gastrico, ma finalmente libero, mi sciacquo la faccia.Il Giggi che ride e mi guarda … “stai meglio Lallo ?”. “ Si meglio, ho la nausea con tutte queste seppie ”. Infatti da quella volta passo tanto tempo prima che riprovai a metterle in bocca. Anche se freschissime appena pescate, probabilmente ne ho mangiate troppe !!
La data del campionato si sta avvicinando, bisogna decidere cosa fare!!
La sera ne parliamo, anche se tutti e due sappiamo che vorremmo partecipare, la decisione è presa. Telefono a Mario Romoli dicendogli che Cerioni ci ha detto che andrete al campionato italiano a Sorrento e che se fosse possibile vorremmo aggregarci, dividendo così meglio le spese del viaggio .
Il giorno dopo telefoniamo a Cerioni dicendo che abbiamo deciso di partecipare e che ci mettesse nella lista dei pre-iscritti. Dice che saremo circa una cinquantina di atleti, mica pochi.
Siamo eccitati, tutte le mattine usciamo in mare facendo pratica in tutte le condizioni di vento possibile. Non abbiamo mai fatto una regata e non sappiamo quello che ci aspetterà.
Il giorno della partenza arriva, con i sacchi pronti io e il Giggi ci facciamo trovare nel luogo dell’appuntamento, a Piazzale Clodio. Roma è tranquilla , è mattino presto del 5 giugno 1980 . Saliti a bordo del camperino di Marco Bastoni; la ciurma sembra allegra ed eccitata, ci conosciamo meglio lungo il viaggio raccontandoci un po’ di noi. Bastoni e Romoli sembra che abbiamo già fatto regate e ci spiegano un po’ come funzionerà. Pietro con la sua t-shirt a strisce gialla e blu sorride, dicono che sia un giovane talento del windsurf, suo papà sta mettendo su un piccolo negozietto dentro alla sua pompa di benzina.
Arrivati la baia di Sorrento ci accoglie bellissima, con i suoi colori arancio dorati del tramonto. Cia accampiamo nella zona destinata al campo di regata, vicino al circolo velico. Al mattino c’è fermento, c’è la registrazione ufficiale con l’assegnazione dell’attrezzatura e numero velico. Mi assegnano il numero 11 , Giggi il 13, armiamo le vele appiccicando i numeri, mettiamo a punto le tavole controllando che la deriva basculi bene, leghiamo le cimette del trapezio nuove e poco dopo siamo fuori con tutti gli altri provando le attrezzature nuove di pacca. Chi va fuori, chi torna verso riva per regolare bene l’attrezzatura, chi sta più a largo , chi sfreccia sotto riva mostrando manovre mai viste.
La sera nel camper i commenti sulla giornata di prova, siamo eccitati di partecipare al Campionato italiano insieme ai più bravi Windsurfisti sulla scena nazionale, commentiamo tra di noi su come filano veloci e come manovrano la tavola con disinvoltura tutti. Contenti e impazienti, dopo aver gustato una pizza nella piazzetta di Sorrento, ce ne andiamo in branda impazienti di iniziare le regate.