Una patologia difficile da individuare con accertamenti clinici che sembra escludere una responsabilità diretta dei medici. E di analisi Andrea ne aveva fatte da quando si era sentito male la prima volta il 28 ottobre scorso. Allora si trovava in auto con il padre Maurizio quando perse improvvisamente i sensi. Dopo la corsa in ospedale, il ricovero e una lunga serie di accertamenti al Bambino Gesù, dove non era emerso nulla di anomalo, nonostante ricerche di ogni tipo. Quindi, pian piano, il recupero e il progressivo ritorno del capitano nella squadra degli allievi provinciali del Fregene. Perché il sogno di Andrea era uno solo: diventare un calciatore famoso. Quando tutto sembrava andare per il meglio, venerdì scorso la tragedia: Andrea, dopo un leggero allenamento nel pomeriggio – ma aveva già giocato la domenica prima in campionato una decina di minuti – torna nella sua casa di Fregene dove vive con i genitori e tre sorelle. Va in camera sua e si mette a giocare con la playstation. Il padre e la madre escono per una ventina di minuti, lo chiamano al telefono e lui risponde dicendo che va tutto bene. Ma al ritorno, alle 19.00, lo trovano accasciato sul letto, privo di conoscenza. Inizia l’incubo, la corsa al posto di primo soccorso di Fregene, poi all’Aurelia Hospital dove lo ricoverano in terapia intensiva. È ormai notte fonda quando arriva la terribile notizia: il cuore di Andrea non ce l’ha fatta.
2008-12-23