Per la stagione 2024/25 al campo “Aristide Paglialunga” di Fregene prende il via la “Scuola Rugby Fregene” il mercoledì alle ore 17 e il sabato alle ore 10, con il terzo tempo a fine allenamenti.
La scuola è rivolta alla fascia di età 3-17 anni con il mini rugby, alle categorie maschile, femminile e senior-old.
“Il rugby e la scuola – spiega il promotore della scuola, Andrea Ponti – perseguono le stesse finalità in ambito educativo, mirando allo sviluppo completo della persona e alla formazione di futuri cittadini adulti responsabili, resilienti, in grado di stabilire obiettivi di crescita personale e di perseguirli, guidati da valori positivi e in grado di relazionarsi correttamente con gli altri.
Si tratta di una meta estremamente ambiziosa, che implica la necessità di una consapevolezza del proprio ruolo da parte di tutti i soggetti coinvolti: famiglia, scuola, associazione sportiva, amministrazioni locali.
Il risultato a cui si ambisce è il miglioramento del tessuto sociale, un obiettivo a lungo termine di elevato spessore, che sicuramente non può essere conseguito attraverso l’azione di un solo soggetto, ma che richiede, come il nostro sport insegna, un lavoro di squadra.
Il mini rugby è lo sport di squadra per eccellenza. La dinamica del gioco impone la collaborazione, il sostegno: il portatore di palla, il giocatore più avanzato cacciato dall’avversario, se non ha dietro di sé i suoi compagni non arriverà mai in meta.
Il rugby insegna la lealtà e il rispetto (verso avversari, compagni, arbitri, educatori, regole): difficilmente vedrete i giocatori protestare, simulare un fallo o commettere deliberatamente scorrettezze, non rialzarsi prontamente, non aiutare un compagno o un avversario a terra; aiuta a socializzare: i bambini timidi e timorosi traggono più confidenza con se stessi e verso gli altri, i più irruenti imparano a frenare e canalizzare nel gioco regolamentato la propria vivacità. Il rugby contribuisce a dare consapevolezza di sé e sicurezza. Il mini rugby facilita anche l’integrazione: le bambine fino ai dodici anni giocano con i maschi; i bambini diversamente abili sono integrati nel gioco.
Sotto l’aspetto motorio, va sottolineato come il mini rugby offra una varietà di movimenti che, mentre contribuisce a sviluppare molteplici capacità motorie, in quanto tutte le parti del corpo sono coinvolte, nello stesso tempo mantiene alto l’interesse del bambino al gioco.
Come per altri sport, anche il mini rugby ha il suo tabù da sfatare, in altre parole: ‘il mini rugby è violento’. Il rugby è uno sport di contatto sia col terreno e, sia, con avversari e compagni. Però, le regole del gioco eliminano parte dei contatti del rugby (non esiste la mischia, il frontino è vietato); gli educatori insegnano i movimenti opportuni per andare a contatto. Il rischio di subire, botte, fratture, etc. non è più alto di quello che corrono i bambini che praticano il calcio.
Il mini rugby, come abbiamo visto, è detto anche ‘rugby educativo’. È indicativo che sia chiamato così, e questa definizione ne esprime la vocazione. Scontrarsi senza cattiveria, cadere e rialzarsi, sostenere sempre l’azione di gioco del compagno e condividere il terzo tempo, sono momenti educativi che trasmettono ai ragazzi il valore del rispetto e della cooperazione.
Aggiungo però che ‘educativo’ il mini rugby, oltre che per i bambini, può esserlo anche per noi adulti. Se noi sapremo osservare le dinamiche di relazione tra i bambini, i bambini e gli educatori, i bambini e l’arbitro, restando a bordo campo a gioire del loro divertimento senza invadere il loro territorio con apprezzamenti, urla e insulti, avremo tratto dallo sport una benefica lezione da portare nella vita di tutti i giorni.
Prima di insegnare a giocare a rugby, cioè a quello che di rugby c’è in Italia, bisogna insegnare ai bambini a salutare ad alta voce prima di essere salutati, chiedere per favore e ringraziare, aiutare una vecchietta ad attraversale la strada o a portarle le buste della spesa, a non gettare carta per terra, a non dire parolacce e a non denigrare, a condividere piuttosto che dividere, a non acciaccare i conetti in allenamento, a non dire bugie a difendere i più piccoli e a rispettare gli orari e gli impegni, ad essere solidali coraggiosi gentili e generosi.
Poi saranno pronti per giocare a rugby, senza una formazione nobile con educatori che perseguono lo stesso obiettivo, non si potrà mai arrivare a certi risultati. Prima di tutto certe cose devo essere chiare a chi le insegna, lo sport è fatto di priorità e rispetto, e non sempre la fatica da risultato, i ragazzi vanno premiati per l’impegno e non per il risultato”.