Venerdì 8 febbraio, per la rassegna cinematografica dal titolo “Freschi e stagionati”, l’associazione culturale “L’Albero” di Maccarese ha programmato la proiezione del film “Poesia senza fine” del regista Alejandro Jodorowsky.
Si raccomanda la massima puntualità: alle 21.00 inizierà la proiezione.
Sede: Casa della Partecipazione (via del Buttero, Maccarese).
Info: 339-4539950
Scheda del film
Santiago del Cile, al debutto degli anni Cinquanta. Alejandro Jodorowsky ha vent’anni e il desiderio di diventare poeta contro il parere del padre che lo sogna medico, ricco e borghese. Intrappolato nell’ennesima riunione di famiglia, recide (letteralmente) l’albero genealogico e ripara in una comune di artisti avanguardisti per coltivare finalmente il desiderio ardente. Ispirato dai più grandi maestri della moderna letteratura Latino Americana (Enrique Lihn, Stella Díaz, Nicanor Parra) e immerso nella sperimentazione poetica, Alejandro farà la sua rivoluzione culturale.
Con Poesia senza fine, Alejandro Jodorowsky invita lo spettatore al viaggio. Un viaggio introspettivo che pesca ancora una volta nella sua biografia e nel suo universo fantasmatico, dischiudendo la stagione rocambolesca dell’adolescenza e muovendo verso l’età adulta delle prime espressioni artistiche, dei primi turbamenti sentimentali.
Opera immensa, audace e generosa, Poesia senza fine comincia dove si interrompe La danza della realtà, cronaca dell’infanzia cilena dell’autore. Se la madre canta sempre il suo ruolo come in un film di Jacques Demy e il padre, tiranno domestico, vende ancora lingerie umiliando i poveri, a ‘crescere’ è Alejandrito, eroe adolescente, esaltato e scapigliato che chiude coi genitori e abbraccia la carriera di poeta.
Jodorowsky prosegue il racconto giocoso e caricaturale della sua esistenza, inventando e reinventando un altro cinema, personale, libero, senza limiti. Un cinema taumaturgico abitato da creature fantastiche che sembrano fuggite dall’immaginario felliniano. Poeti, clown, nani, ballerine e giocolieri scendono in pista per salvare quello che possono con un atto poetico prodigioso. Su tutti dominano Stella Díaz (Pamela Flores), poetessa dai seni opulenti e i capelli rossi, che inizia Alejandrito al sesso e alla bellezza aggrappata a un’erezione senza fine, Enrique Lihn (Leandro Taub) compagno di notti liriche ed alcoliche che interpreta la poesia in azione e prosegue ‘tutto dritto’ fino al mattino, Pequeñita (Julia Avedano), nana che vuole crescere con l’amore. L’incontro del protagonista con gli amici poeti ridefinisce la sua vita e ridimensiona il terrore e l’orrore del quotidiano. Perché per Jodorowsky l’immaginario è nostro amico e aiuta a riconciliarsi col dolore. Il nostro, il suo. E a questo titolo Brontis e Adan Jodorowsky, figli di Alejandro, impersonano nel film i padri e figli in divenire, l’emanazione simbolica (e incarnata) che contiene la soluzione del trauma.
Vero e proprio atto psicomagico, l’autore stana il conflitto e lo scioglie intervenendo fisicamente nel film, prendendo per mano il tormento dei personaggi e gettando una luce sentimentale sull’ombra tumultuosa della sua creazione. Tra fantasmi e realtà, per Jodorowsky nessuna verità può essere enunciata fuori da questa alleanza, l’autore abbraccia il giovane uomo che fu col padre, convertendo in poesia i gesti di violenza e le parole odiose che segnarono il loro congedo. Perché lo scopo della poesia è fare del mondo un posto migliore, anche molto tempo dopo, anche quando è troppo tardi. La poesia è tutto quello che crea, e per estensione quello che ci crea.
Il regista
Alejandro Jodorowsky, nato nel Cile del Nord nel 1929; figlio di immigrati ebreo-ucraini, si trasferì a Parigi dal 1953, dove fondò con Fernando Arrabal e Roland Topor il movimento di Teatro “Panico”.
Oltre che direttore di teatro, Alejandro Jodorowsky è autore di pantomime e pièce teatrali, di romanzi e libri di fumetti, ma la notorietà di Jodorowsky è dovuta soprattutto ai suoi film, dei quali ricordiamo Il paese incantato, dall’omonima opera di Arrabal, El Topo, La montagna sacra, Santa sangre-Sangue santo e Musikanten.
La parola panico (riferita al Teatro e spesso ricorrente nei suoi scritti) indica che l’ordinario della nostra vita può essere improvvisamente interrotto e stravolto a causa di avvenimenti stra-ordinari. Jodorowsky, attraverso le sue opere, ha sempre provato a “combattere” l’abitudine e la scontatezza, anche nell’affrontare i cambiamenti. Secondo la sua visione e i suoi insegnamenti quando accade qualcosa di spiacevole, bisogna essere pronti a tramutare la nostra condizione in qualcosa di positivo.
Negli anni ‘60 conosce una sorta di santona, Paquita, e resta affascinato dal suo modo di condurre le persone alla guarigione, quantomeno a quella psicologica.
In sostanza, durante gli incontri con i pazienti, la guaritrice era in grado di catturare la loro mente, portandola ad osservare i problemi da una diversa prospettiva. Jodorowsky, così come racconta nei seminari e nei suoi libri di fama mondiale, sposava appieno questa concezione: il condizionamento psicologico positivo implica una predisposizione migliore nell’affrontare gli affanni della vita. Infatti le persone che si rivolgevano a Paquita, si suggestionavano a tal punto da trovare da sole la forza di reagire per migliorare la propria condizione in relazione ad un determinato problema.
Questo è ciò che Jodorowsky chiama “psicomagia”, che approfondisce nei suoi studi e nei suoi interessantissimi libri.
La concezione di Jodorowsky di psicanalisi e il suo modo di entrare in contatto con l’inconscio piuttosto sui generis, non trova una reale collocazione nelle scuole di pensiero convenzionali. Egli stesso, infatti, non si definisce psicanalista ma psicomago.
Il suo modo di affrontare (e far affrontare) i problemi punta proprio all’assunzione di una visione e un atteggiamento che vada al di là di qualsiasi consuetudine. Per superare un problema con maggiore serenità a volte è sufficiente vederlo con occhio diverso e, magari, considerarlo come un’opportunità e un momento di crescita. Ciò che libera dall’abitudine è l’atto poetico, ovvero l’azione che porta alla novità, al cambio di rotta, alla sperimentazione di come noi stessi reagiamo dinanzi all’imprevisto. Condurre una vita piatta, senza stimoli, equivale ad atrofizzare persino il nostro pensiero.
Anche negli spettacoli di cabaret Mystique che tiene a Parigi, Jodorowsky esercita la sua psicomagia facendo assistere al pubblico, non solo ad uno show, ma anche ad una sorta di terapia di gruppo, nella quale ognuno ha la possibilità di partecipare attivamente. Gli spettatori, persino quelli più scettici, scoprono alcuni lati del loro essere di cui non erano mai venuti a conoscenza prima di quel momento.
Jodorowsky è una mente intrigante sotto ogni punto di vista. Il suo eclettismo e le sue nuove visioni della vita e della psiche umana affascinano persone di qualsiasi provenienza, età e sesso.