“Nessuna emergenza cinghiali presso il Parco della Leprignana, ma un problema che esiste da decenni, creato dall’uomo, che non può essere risolto con abbattimenti gestiti dai cacciatori. Un emergenza montata ad arte per creare allarmismo come se fossimo realmente minacciati da un’invasione di chissà quali belve feroci, il tutto ancora una volta per mettere distanza e per stimolare una percezione negativa e distorta della Riserva Litorale Romano, così da essere avvertita come un problema sulle spalle dei cittadini e non come opportunità per un futuro sostenibile, del territorio. All’inizio del secolo scorso la popolazione dei cinghiali in Italia era limitata, ridotta a poche zone. Poi avvennero delle immissioni di animali provenienti dall’est a scopo venatorio, con diverse caratteristiche, come le dimensioni e la fertilità. Ecco perché ora siamo a questo punto. Negli stessi anni, l’unico predatore del cinghiale, ovvero il lupo, era quasi estinto. Oggi la popolazione di quest’ultimo è cresciuta grazie proprio a forme di tutela e alla presenza di cinghiali. In ogni caso, i 1500 lupi presenti sul suolo italiano non sono in grado di tenere sotto controllo il proliferare del cinghiale.

Ma il fucile dei cacciatori non è la soluzione. Solo attraverso un censimento serio e reale della popolazione, si può predisporre un piano di controllo responsabile, cosa che non è garantito dall’attività venatoria e dalle tecniche di caccia. È impensabile trasformare un area come il Parco della Leprignana in un area di caccia, che attirerebbe a ridosso delle case e villette non solo selettori, cacciatori con attestato, ma anche bracconieri senza scrupoli. Attorno al cinghiale infatti c’è un mercato nero che vale centinaia di migliaia di euro: per un cinghiale abbattuto legalmente, ce ne sono almeno due abbattuti illegalmente, e questo succede anche sul nostro territorio. Questo significa che sul mercato, e sulle nostre tavole, arrivano animali non controllati. Sicuramente come prima fase c’è il ripristino delle recinzioni dell’area, l’utilizzo di dissuasori sonori, evitare di lasciare rifiuti incustoditi che possano attirare gli animali. Se si incontrano occorre lasciare una via di fuga agli animali. In caso di presenza di cuccioli, le femmine possono diventano aggressive, ma non bisogna farsi prendere dal panico e scappare o agitare le braccia, per non indurre negli animali una reazione di difesa. Ciò che occorre fare, è arretrare lentamente, camminando all’indietro senza perdere il contatto visivo. Usciti dalla zona che dagli animali viene percepita di pericolo, saranno questi ad andarsene spontaneamente.

Da non sottovalutare invece la situazione della specie Daino (Dama dama) presso Fregene. La popolazione è cresciuta negli ultimi anni come il numero degli incidenti soprattutto causati dal loro attraversamento su via della Veneziana strada d’ingresso alla Cittadina turistica, molto trafficata soprattutto in questo periodo e  per tutta la stagione estiva. Il più delle volte i veicoli sfrecciano a folle velocità e la strada stessa risulta essere in pessime condizioni, pericolosa soprattutto nelle ore notturne. In questi anni ho potuto stilare un vero e proprio database sugli incidenti avvenuti, sugli impatti tra veicoli e Daino. La stima degli incidenti è preoccupante. Tra l’altro i punti dove avvengono gli impatti e quindi i punti di attraversamento sono sempre gli stessi, ragione per cui si può e si deve intervenire al più presto. Fino ad oggi tutto sommato è andata bene per gli automobilisti meno per i poveri animali che il più delle volte hanno trovato morte e sofferenza. La popolazione del  Daino soprattutto presso l’oasi di Macchiagrande, non controllata, è in continua crescita, non avendo un predatore naturale, si sta diffondendo ormai nelle aree limitrofe. Gli incidenti inoltre sono aumentati negli ultimi due anni da quando i  20 ettari della Lecceta presso Fregene sud sono diventati finalmente un parco pubblico. Molte specie infatti tra cui proprio il Daino si spostano dall’Oasi di Macchiagrande,principale centro di diffusione della popolazione, verso quell’area attraversando proprio il tratto di Via della Veneziana. Purtroppo non esiste un corridoio ecologico, un habitat lineare che possa mettere in comunicazione le due aree protette, ma via della Veneziana, una barriera ecologica che diventa un arteria pericolosa.

Il tutto perché quando si progetta e si pianifica lo si fa sempre svincolati dalle strategie di conservazione della natura. Anche il sottobosco delle Leccete dove è solito incontrare il Daino soffre sempre più della presenza della specie. Questi infatti brucano di continuo gemme, foglie e scortecciano gli alberi, attività che però a lungo andare  in assenza di predatori naturali e senza controllo della popolazione possono avere effetti negativi sull’ecosistema. Gli stessi agricoltori sono preoccupati perché la stima dei danni comincia ad essere cospicua. Ad oggi purtroppo non esiste una stima ufficiale della popolazione fattore che rappresenta il fondamentale punto di partenza per l’attuazione di qualsiasi piano di gestione della specie. È auspicabile intervenire presto e con atti concreti, prima la situazione sfugga di mano.

Riccardo Di Giuseppe, Naturalista e Agrotecnico – Responsabile delle Politiche ambientali, tutela della costa e degli ecosistemi per il Movimento Sergio Pirozzi