Il ministro Costa ripassa la palla alla Regione. Mollicone: “Sgomento per la tragica commedia, a rischio l’esistenza stessa delle località costiere. Quale turismo senza spiaggia?”
di Marco Lepre – Comitato salviamo la spiaggia di Fregene
Dopo oltre un anno, è giunta il 10 luglio scorso la risposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa all’interrogazione parlamentare presentata nel maggio 2018 da Federico Mollicone, membro della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione, riguardo il grave stato erosivo del litorale di Fregene e Maccarese. Il parlamentare di FdI con la sua richiesta aveva dato seguito a precedenti interrogazioni, mettendo in luce il disastro ambientale ed economico, quanto l’inadempienza della Regione Lazio rispetto al “Protocollo di intesa per la redazione di linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici”, redatto nel 2016 tra il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e tutte le regioni costiere italiane.
A tal proposito, Mollicone aveva richiesto: “Se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni necessaria iniziativa di competenza affinché possano essere affrontare tali situazioni a livello statale, laddove una Regione, come accaduto nel Lazio, non operi in senso strategico per la risoluzione dell’erosione delle sue coste e non presenti il piano coste nei tempi previsti”.
Ebbene, il Ministro rimanda ancora alla Regione, facendo presente che “le competenze in materia di difesa delle coste, quali programmazione, pianificazione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri, sono delegate alle regioni dal decreto legislativo n. 112 del 1998” e la Regione stessa dichiara che “ad oggi il fenomeno erosivo che interessa il tratto di costa di Fregene non versa in una condizione tale da richiedere, ai sensi di legge, la dichiarazione dello stato di calamità, ma può essere fronteggiato mediante sistematici interventi di competenza regionale”, rinviando ai ripascimenti annuali che hanno consentito l’apertura della stagione balneare e all’azione del geo-tubo le attuali risposte al problema.
Da noi contattato per un’opinione al riguardo, Federico Mollicone rileva che la risposta “non pare rendere conto di quanto effettivamente in essere nella località di Fregene, né delle conseguenze future dell’inazione della Regione Lazio, nonché delle possibili conseguenze relative al nuovo porto di commerciale già finanziato dalla Regione stessa”.
Fin dal 2010 si susseguono tavoli congiunti delle autorità coinvolte con gli esercenti degli stabilimenti che richiedono di affrontare la questione; fin dal 2013 l’Ardis – Agenzia Regionale per la Difesa del suolo – è a conoscenza, attraverso uno “Studio dell’evoluzione morfologica e morfodinamica dei litorali nel comune di Fiumicino finalizzato alla gestione degli interventi di ricostruzione e difesa delle spiagge”, commissionato alla società di ingegneria Modimar Srl, delle conseguenze tragiche nel caso in cui non fosse stato in essere alcun intervento di manutenzione straordinaria su tale tratto di costa, che avrebbe comportato entro il 2024 la distruzione dell’Oasi di Macchiagrande e degli stabilimenti di Fregene Sud.
“Eppure… danni milionari, centinaia di posti di lavoro, due petizioni per 9mila firme per la salvaguardia della spiaggia di Fregene e delle dune di Focene, denunce, interrogazioni, interpellanze, servizi televisivi e sui quotidiani di ogni parte sociale non paiono smuovere il presidente Zingaretti che, ad oggi, mai ha risposto a tale proposito”, dichiara il parlamentare di Fratelli d’Italia.
“Malgrado i cospicui fondi europei per combattere l’erosione – spiega Mollicone – cui si potrebbe accedere con un serio progetto complessivo, assistiamo sgomenti annualmente alla medesima commedia priva di interventi anche solo progettuali atti a definire una volta per tutte una soluzione a un problema che mette in crisi anche la mera esistenza delle località costiere: la tragica distruzione in periodo invernale di storiche strutture balneari e tesori ambientali costruitisi nei secoli è puntualmente affrontata con misure di cortissimo respiro quali il ripascimento, atto a permettere una stagione estiva sempre più difficoltosa, ma che finisce puntualmente in mare alla prima mareggiata autunnale. A fronte della perdita complessiva di milioni di metri cubi di spiaggia, annualmente ne vengono riposizionati qualche decina di migliaia per permettere l’apertura delle attività che ad oggi hanno perso dai venti ai cento metri di spiaggia”.
Il danno ambientale causato all’Oasi di Macchiagrande meriterebbe di per sé un capitolo speciale per la sua importanza a livello europeo: “Si è consumato nel totale silenzio un progressivo disastro ambientale con la distruzione di 60 metri di dune ricoperte di macchia mediterranea e della zona umida dell’Oasi, di fatto il cuore della Riserva Naturale Statale Litorale Romano riconosciuta dall’Europa come Sic, Sito di importanza comunitaria”, ha dichiarato Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente, intervenuto in zona con la Goletta Verde la stagione scorsa per appellarsi urgentemente alla Regione per un “ragionamento di sistema su tutto il litorale e non interventi spot come è accaduto finora che sono solo uno spreco di soldi e fanno danni all’ambiente e all’economia”, secondo le parole del presidente di Legambiente Lazio Roberto Scacchi.
Diego Paltrinieri, geologo marino già componente del Comitato Nazionale anti-erosione, da anni monitora la situazione erosiva del tratto di spiaggia da Fiumicino a Maccarese: “Il punto centrale che risulta evidente dalla analisi storica degli interventi di protezione è che le opere rigide realizzate lungo la costa si sono via via moltiplicate senza risolvere il problema della erosione che in realtà viene solo spostato nel paraggio adiacente. Quanto successo negli ultimi 20 anni da Focene a Fregene ne è un esempio tangibile e drammatico. Non prendere atto di queste evidenze significa continuare a sperperare soldi pubblici senza una oggettiva giustificazione a supporto di cui qualcuno, prima o poi, dovrà rispondere”.
Anche Mario Tozzi, primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, geologo, esperto ambientale, ha fatto rilevare che i responsabili della particolare aggressività dell’erosione a Fregene siano infatti le strutture rigide poste in mare, cioè il Molo della Concordia, le scogliere di Focene e il braccio in mare edificato come rinforzo della foce del Canale delle acque alte negli ultimi anni, quando ormai la foce del Canale era stata spazzato via dal mare: “Questi ultimi interventi risolvono il problema laddove vengono realizzati ma determinano l’accentuazione dei processi erosivi su lunghi tratti di costa a seguire …”; per rimediare, secondo Tozzi e tanti autorevoli geologi e ricercatori, andrebbero bloccate ulteriori opere portuali e di difesa rigida sull’intera costa, demolendo il possibile. Al contrario, la Regione Lazio, che già aveva commissionato tali opere rigide a mare, ha altresì ultimamente approvato e finanziato un nuovo porto commerciale che, secondo uno studio presentato alla Regione ad opera dei medesimi consulenti oggi utilizzati per il geo-tubo, aggraverebbe l’attuale criticità fino a ipotizzare la totale scomparsa della spiaggia da Fiumicino fino a Passoscuro… Può esistere sviluppo economico in comunità costiere che vivono di turismo senza spiaggia?
A nulla è valsa, ad oggi, anche la denuncia presentata alla Corte dei Conti da Andrea Sitzia, Daniele Meldolesi, Anne Simone Pfister, esponenti del Comitato “Salviamo la spiaggia di Fregene”, per denunciare i ritardi con cui la Regione Lazio ha affrontato il problema dell’erosione e i danni causati da tale ritardo verso i privati, la spiaggia e le spese per le misure palliative adottate per arginare il fenomeno. Né sembrano impensierire la Regione Lazio recenti sentenze del 2016 in cui la Corte di Appello di Catanzaro ha condannato in sede civile per danni milionari conseguenti all’erosione causata dall’apposizione di strutture rigide a mare, stabilendo un importante precedente legislativo per il futuro. Né hanno avuto alcuna risposta due petizioni lanciate sul web per salvare la spiaggia di Fregene e le dune di Focene o gli innumerevoli servizi giornalistici e televisivi nell’anno passato: un gigantesco muro di gomma pare respingere qualsiasi necessario e competente allarme di fronte ad una situazione insostenibile fin ora affrontata dai soli esercenti balneari con mezzi decisamente insufficienti.
Insomma, una situazione tragica e paradossale dove un’emergenza nazionale non viene affrontata se non con palliativi inconsistenti ed emergenziali atti all’apertura della stagione balneare estiva, con conseguenze distruttive per l’ambiente e le strutture imprenditoriali nel periodo invernale e per l’indotto turistico e l’occupazione nel medio e lungo periodo. “Non sarà certamene il geo-tubo a salvare Fregene – conclude Federico Mollicone – i lavori cui si riferisce la Regione nella risposta del Ministro Costa sono gli stessi che furono parte di un progetto complessivo ben più completo e articolato che la Regione aveva ricevuto fin dal 2014, promesso più volte e mai realizzato. Il solo geo-tubo nell’attuale situazione erosiva su soli 750 metri di costa all’estremità sud di Fregene non avrà alcun effetto, lasciando per altro scoperta l’oasi di Macchiagrande, dove la situazione è particolarmente critica e pericolosa, e il resto del litorale di Fregene che potrebbe anzi avere conseguenze peggiorative della situazione in essere. In ritardo decennale, l’unica ipotesi di lavoro possibile rimane un concorso internazionale di progettazione strutturale a livello definitivo ed esecutivo per l’intero tratto di costa che ad oggi, purtroppo, nonostante il drammatico peggioramento dell’erosione del litorale, non è ancora stata pianificata. Solo in tal modo sarà possibile valutare la migliore soluzione secondo studi all’avanguardia e il più possibile rispettosi dell’impatto ambientale sull’eco-sistema con cui chiedere il finanziamento per l’esecuzione alla Comunità Europea”.
Tra tante autorevoli denunce e sostegno da parte di autorevoli personaggi innamorati di Fregene e delle memorie secolari della propria infanzia, spunta un’assenza eccellente: i fregenati. I sindacati dei Balneari e molte delle associazioni locali paiono troppo legati alla politica locale per costituire un valido baluardo all’emergenza ambientale e occupazionale che mette in crisi la sopravvivenza stessa della località turistica. È possibile seguitare a delegare ad imprenditori privati, scienziati preparati e appassionati, meritevoli esponenti della politica, ambientalisti autorevoli e generosi villeggianti il futuro delle proprie attività e delle proprie famiglie?