Partecipare a questo rally nel deserto come simbolo di un percorso impervio, dove il mutuo aiuto spesso diventa la chiave di volta.
Il Panda Raid è uno storico rally amatoriale di lunga distanza, resistenza e orientamento che si celebra ogni anno in marzo, dove centinaia di equipaggi decidono di sfidare la legge del buon senso e lanciarsi in un’avventura a bordo di una vecchia Panda, o anche Marbella; modelli che devono comunque essere stati immatricolati prima del 2003.
Questa undicesima edizione, appena disputata, ha visto la partecipazione di quasi 400 equipaggi che, dopo essersi riuniti a Madrid, si sono spostati verso il Sud. Giunti a Motril, si sono poi imbarcati alla volta di Nador, Marocco: 6 giorni, 6 tappe.
Tra gli equipaggi provenienti da tutto il mondo, anche alcuni italiani. Tra questi l’equipaggio targato Farmacisti in aiuto, Social Partner del duo che vedeva il dr. Fabio Reposi, vicepresidente della Onlus, come navigatore. In foto di copertina l’equipaggio, durante una delle tappe.
“Una grande opportunità partecipare a questa manifestazione. Al di là della competizione in senso stretto – racconta il vicepresidente – rimane la possibilità di toccare con mano la polverosa quotidianità di questi posti; una miseria unica ma, anche qui, persone di una umanità straordinaria”.
Sì, perché i volontari di Farmacisti in aiuto, nel corso degli anni, sono stati per diverse volte in missione in Tanzania e India. “Aree poverissime, dove si fa difficoltà a mangiare una volta al giorno e dove le persone non hanno veramente nulla, ma dove l’accoglienza e il mutuo aiuto rimangono valori saldi e mai dimenticati” aggiunge Tullio Dariol, presidente di Farmacisti in aiuto.
Una vera e propria immersione totale nelle terre marocchine, quella che si vive durante il Panda Raid. Si parte dal Lago Mohamed V per arrivare a Bel Frissate il primo giorno; poi direzione Maadid, Merzouga, Tazoulait, Tansikht fino alla bandiera a scacchi situata a Marrakech.
“Ogni tappa è stata diversissima dalla precedente per difficoltà, terreno e chilometraggio da completare. Il percorso, principalmente centrato nel sud del Marocco, era composto per la maggior parte da aree sabbiose e 360º di deserto. Avere il deserto tutto intorno non è stato facile. Rimani solo con te stesso e, cogliendo i dettagli, si ha l’occasione di riflettere e rimettersi in gioco”.
Senza contare che la tecnologia moderna è completamente bandita. Si tratta di abbandonare il comodo mondo dorato di gps e navigatori, grazie ai quali perdersi è davvero difficile. Si torna alla bussola, al roadbook (ovvero il libricino con indicazioni e mappe del percorso da seguire) e all’intuizione umana.
Ed è così che, abbandonando le comodità se pur fino ad un certo punto, ci si accampa nel deserto alla fine di lunghe giornate, si mangia tutti insieme, ci si confronta, si conoscono persone nuove e di tante nazionalità diverse, si condividono bagni e alloggi. Ripartire dalle piccole cose, dalla condivisione, dal confronto, dall’aiutarsi a vicenda. Solo così potremo fare un passo avanti, completare una “tappa” e non “sprofondare nella sabbia desertica” incapaci di muoversi.