Mi duole constatare che la Regione Lazio ha stanziato per Fregene un milione e centomila euro per la riqualificazione delle scogliere, la realizzazione dei pennelli e per il ripascimento. Al X Municipio, invece, andranno circa 3.6 milioni di euro per i lavori di ripristino della scogliera posta a difesa dell’Idroscalo di Ostia, per la riqualificazione della scogliera sommersa esistente e successivo ripascimento immediatamente a levante del Canale dei Pescatori e per la realizzazione di un pennello sommerso.
La gestione integrata del litorale necessita, come supporto alle azioni di tutela, di un apparato conoscitivo evoluto ed aggiornato che evidenzi le dinamiche di correlazione tra le cause determinanti i rischi e le opzioni risolutive.
Si rileva, purtroppo, un approccio inspiegabilmente orientato verso l’adozione di soluzioni tradizionali, superate e non adeguatamente attente alla tutela delle nostre coste.
Le opere di difesa rigide e tradizionali, infatti, sono soluzioni palliative e inefficaci non solo nella risposta in termini di avanzamento della linea di costa, ma anche dal fatto che dalla posa di questi si innescano processi di erosione nelle zone limitrofe.
Si deve fare ancora un gran lavoro culturale per far comprendere che la geologia è alla base della previsione, della prevenzione e della gestione del dissesto idrogeologico.
La storia del litorale romano di Ostia, inoltre, dovrebbe insegnare a scongiurare il ripetersi di certi errori, come ad esempio, la posa in opera di strutture di difesa costiera distaccate emergenti, in corrispondenza della foce, che ha spostato l’erosione verso le spiagge limitrofe, soprattutto verso la costa compresa tra il Pontile della Vittoria ed il Canale dei Pescatori, o la realizzazione di pennelli trasversali e barriere longitudinali sommerse ad Ostia centro (dopo gli anni ’70 tali interventi hanno perso decisamente efficacia ed il moto ondoso ha inflitto seri danni all’intero litorale, strutture balneari comprese).
In fase di pianificazione e progettazione di un’opera di difesa costiera, infatti, è necessario tenere conto, non solo dell’efficacia di un’opera nel contrastare l’erosione, ma anche degli effetti che la sua presenza può generare sull’ambiente emerso e sommerso.
Qualsiasi opera di difesa costruita sugli arenili o sommersa, in qualunque punto essa si trovi e indipendentemente dal tipo adottato, rappresenta sempre un ostacolo al libero movimento delle acque marine lungo il litorale, sia che tale movimento si manifesti sotto forma di corrente sia che esso sia dovuto al moto ondoso.
Nella progettazione di un opera di difesa occorre tenere nella debita considerazione e valutare opportunamente le caratteristiche dei movimenti migratori dei materiali litici, con attenzione al senso nel quale in prevalenza tali movimenti si verificano; la posizione, rispetto all’opera da costruire, delle fonti di rifornimento dei materiali consistenti prevalentemente nelle conoidi situate alle foci dei fiumi; la composizione granulometrica dei materiali e la quantità degli stessi che mediamente persiste nella zona.
Infine, non si deve prendere in considerazione solamente il breve tratto di linea di riva in erosione ma si deve analizzare l’unità fisiografica in cui tale tratto è incluso.
Ilaria Falconi