Il cavallo più antico trovato nel territorio italiano è stato rinvenuto a Maccarese. Proprio cosi, in località “Le Cerquete – Fianello” nei pressi della tenuta omonima, sono stati scoperti i resti di un equino di 2.500 anni fa, vissuto nel periodo eneolitico. Nel 1992, sono state infatti individuate in quella zona le tracce di un insediamento dell’Era del Rame. Il sito di Maccarese è particolarmente importante perché sono venute alla luce capanne, strutture di servizio e sepolture che indicano la presenza di una comunità organizzata alla quale si può dare il nome di “villaggio”, frequentato fra il 4445 a.C. ± 60 anni fa e il 4375 a.C.± 55 anni fa. Al di là delle caratteristiche specifiche, la scoperta ha assunto grande rilevanza, poiché le testimonianze dell’età eneolitica sono costituite quasi sempre esclusivamente da contesti di tipo funerario, invece in questo caso è stato scoperto un vero e proprio insediamento umano. Nonostante gli interventi di bonifica avvenuti tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, e le varie attività agricole che c’erano, le ricerche effettuate hanno permesso di recuperare molti reperti e nello stesso tempo di acquisire informazioni sul modo di vita di questa comunità che aveva scelto di vivere nel nostro territorio, occupato al tempo da un grandissimo lago. Ma il ritrovamento eccezionale è avvenuto nel 1994, quando all’interno di un pozzetto di forma circolare di diametro di circa un metro e profondo 70 cm, è stato trovato uno scheletro quasi completo di cavallo: un maschio adulto della specie “Equuscaballus” alto al garrese 1,35 metri, accompagnato da due cuccioli di cane. Il seppellimento intenzionale di questo animale, che doveva essere particolarmente raro e prezioso, rappresentava sicuramente l’atto finale di un rituale. Gli archeozoologi che studiano le ossa di animali domestici e selvatici, hanno ricostruito le fasi di trattamento del corpo prima della sepoltura: il cavallo prima era stato fatto a pezzi e poi scarnificato, utilizzando strumenti metallici. Le diverse parti furono infine inserite nel pozzetto, tranne la testa e la zampa anteriore destra, probabilmente parti più “nobili” e quindi utilizzate per altri scopi di cui non si ha traccia. Oltre che per il suo valore rituale, il ritrovamento della sepoltura del cavallo di Maccarese rappresenta un ritrovamento di straordinaria importanza perché si tratta del più antico cavallo domestico italiano, la cui introduzione in Italia si è rivelata assai più antica di quanto in precedenza si fosse creduto.
A quanto pare il cavallo è stato protagonista nel nostro territorio anche in epoca più recente: intorno al 1925 nella tenuta di Maccarese era molto importante l’allevamento del bestiame. Oltre alle mandrie dei bovini maremmani, allevati allo stato brado che fornivano buoi da lavoro ai centri di Maccarese, e l’allevamento nelle stalle di vacche per la produzione di latte, i cavalli costituivano parte non trascurabile della produzione zootecnica. L’allevamento equino era organizzato in vista del duplice scopo: la produzione del cavallo “distinto” da ufficiale, e il cavallo e il mulo “pesanti”, ovvero necessari ai servizi dell’azienda e vivamente richiesti dall’esercito. La razza da sella, formata con gli elementi migliori dell’antica razza di Maccarese, conservata anche per aderire agli inviti ricevuti dai Ministeri della Guerra e dell’Agricoltura, comprendeva un gruppo di 55 fattrici, scelte da apposita Commissione ministeriale, che costituivano “La razza selezionata Maccarese”. Questa era servita da stalloni puro sangue e derivati inglesi. I cavalli venivano allevati in capannoni spaziosi, ben areati che hanno permesso di abbandonare l’antico sistema di allevamento brado. Furono inoltre mantenuti pascoli permanenti per i quali si sfruttarono anche i boschi di alto fusto ed i tumuleti lungo mare che assicuravano le migliori condizioni per la ginnastica funzionale delle fattrici e dei puledri. Non solo il cavallo domestico più antico, ma addirittura anche una razza selezionata che prendeva il nome da Maccarese stesso. Che il nostro territorio è cosi ricco dal punto di vista naturalistico, archeologico e storico-culturale lo sappiamo in tanti, ormai non c’è più occasione dove non venga ricordato e ribadito quasi a stancare l’ascoltatore o lettore. Il problema è: stiamo facendo qualcosa per valorizzare la ricchezza che abbiamo? Affrontando il tema “Cavallo” sono emerse notizie, informazioni e curiosità incredibili. E allora mi piace sognare e immaginare un lieto fine positivo di tutto questo: magari la musealizzazione del sito del ritrovamento, visitato ogni anno da centinaia di scolaresche e turisti? Chi ci deve pensare? Per ora la cosa quasi certa è una sola: il raddoppio dell’Aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, proprio nell’area del magnifico ritrovamento.
(di Riccardo Di Giuseppe, Naturalista -Resp. Oasi WWF Litorale Romano)