Quando arrivi a Fregene la vista della Pineta Monumentale ti prende subito. E l’immagine unica rimane nella memoria tanto da stimolare l’interesse per saperne di più. Allora scopri che è fatta con i pini dell’Anatolia più vecchi d’Europa, tanto che alcuni dei suoi esemplari raggiungono i 214 anni, e poi con il potenziale naturalistico ancora presente, perché puoi scoprire nel suo sottobosco essenze vegetali molto rare, è stata il soggetto di tante opere letterarie, poetiche e musicali. E già dal tardo ‘800 era meta delle scampagnate “fin de siècle” dei nostri vicini romani più abbienti. Se però subito dopo giri lo sguardo verso destra, appare, nella sua quiete centenaria, la “casa del guardiano”. Gradevole palazzina, di colore rosso amaranto, dalle forme eclettiche neoromaniche, opera del 1925 dell’architetto Pietro Aschieri, uno dei progettisti italiani più importanti del dopoguerra, che qui si esprime con eleganza attraverso una articolazione volumetrica tra spazio interno ed esterno e l’essenzialità delle riquadrature delle finestre. In effetti in questo edificio il guardiano ci ha sempre abitato, anzi, più di uno, perché erano alcuni di coloro che hanno permesso, con un’opera quotidiana di controllo e manutenzione, che ancora oggi la località sia fra le mete più verdi e ambite del litorale laziale. Sicuramente possiamo dire che per anni vi ha abitato “Ughettino della Faggiola”, non certo Uguccione, personaggio locale notissimo, impegnato in varie attività a carattere sociale e umanitario, ma se vorrete dovrete scoprire da soli di chi stiamo parlando. Quando la società Financo acquistò dalla Banca d’Italia il terreno rimasto da edificare, e ovviamente anche gli immobili esistenti tra cui questo di cui parliamo, tutti i dipendenti passarono in forza al nuovo proprietario. A molti la costruzione è nota per essere stata, in tempi recenti, la sede della biblioteca comunale “Gino Pallotta”, giornalista televisivo fondatore del Premio Fregene, iniziativa letteraria che ha cambiato il volto culturale della località, e ai più, ancora prima, come punto anagrafico comunale. Tanti gli impiegati che si sono succeduti, artefici della fortuna burocratica dei fregenesi e non, ma fra tutti ci piace ricordare Mario Urbani, delegato del Comune di Roma, che aveva l’abitazione al primo piano dell’immobile. Con lui, da allora, il centro amministrativo assunse un sapore diverso da quello di mero servizio al cittadino. I locali del seminterrato, abbandonati da sempre, furono restaurati e diventarono spazi accoglienti per eventi culturali unici per quel periodo e dove hanno esposto le loro opere pittori del tempo. Anche un giovane Little Tony era solito frequentare questo posto che catalizzava per i coetanei dell’epoca amichevoli incontri canori e danzanti. Adesso però la casa, come tanti manufatti di valore della Fregene di un tempo, quelli che si sono salvati dalla furia demolitrice di qualche tecnico-imprenditore-palazzinaro di zona, è stata abbandonata a se stessa ed è diventato l’ombroso e tranquillo ricovero dei piccioni. Sic transit gloria mundi!
Tizio Pratibelli