Se frequenti Fregene dopo un certo tempo sentirai parlare del “Cantiere”. Quando cerchi una banca ti diranno che sta al Cantiere. E così se avrai malauguratamente bisogno del Pronto Soccorso. Fino a qualche anno fa il mercato del lunedì, che ora sta davanti alla Polisportiva, si svolgeva in via Cervia, la strada più frequentata del posto. Lungo questa via la garbata palazzina d’epoca, unica rimasta, che oggi è una abitazione, ospitava negli anni 30/40 la caserma dei Carabinieri da dove partì il brigadiere Barolat testimone oculare del cosiddetto “giallo di Fregene” e passata poi al comando del mitico maresciallo Pasquale Lecce. C’era anche il cinema Eden, che fu il primo e ultimo cinema della località degno di essere così chiamato. Può vantare anche la ‘Casa Albero’ di via Porto Azzurro, dell’architetto Giuseppe Perugini, tra l’altro, autore del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, purtroppo vittima della barbarie graffitaria del momento che si è espressa in tutta la sua incomprensibile violenza. La Società Sportiva Fregene, sorta nel 1948, alimentava da qui la sua “cantera” attingendo nella gioventù locale che aveva ampi spazi dove sfogare la smania calcistica. Infatti De Angelis, Aramini, Polverini, Belloni, Vignaroli, Levroni, sicuramente dimentichiamo qualcuno a cui chiediamo scusa, sono nomi che evocano la continuità, anche materiale, della sua settantennale attività. Molte le maestranze locali che si sono dedicate all’edilizia e con il loro lavoro hanno contribuito alla formazione della Fregene di oggi. Allora la curiosità di saperne di più ti farà scoprire che in questo nome si nascondono le radici della Fregene moderna. Un tempo, siamo negli anni venti, non c’era una strada, una casa, solo terreni acquitrinosi dove pascolavano le bufale. Un viottolo sterrato portava alla pineta, creata nel 1667 per volere di papa Clemente IX. Il resto era solo palude, bosco impenetrabile e macchia mediterranea fino alla riva del mare. Improvvisamente in questa atmosfera di solitudine e tranquillità arrivarono decine di camion che trasportavano tonnellate di terra per asciugare gli acquitrini. Venne aperto un enorme cantiere e in questa fucina trovarono posto il cementificio, le officine, le falegnamerie, gli uffici e i capannoni. Modeste casette ospitarono gli operai e le loro famiglie. Un mensa era il momento di riposo e di incontro in questo grande fermento. Per mezzo di un piccolo binario a scartamento ridotto proveniente dalla stazione di Maccarese tutti i giorni arrivavano da Roma materiali e nuova manodopera. Dell’epoca è l’invaso della fontana che in pochi nel 1997 hanno restaurato e in molti oggi non riescono a mantenere. Dietro tutto questo c’era Michele Cerato di Breganze, “l’imprenditore urbanista”, sognatore e futurista. Una storia breve, intensa, velleitaria e appassionante che racconteremo, però, in un’altra occasione.
di Tizio Pratibelli