Già in passato avevamo indicato sulle pagine di Qui Fregene la recente segnalazione nel territorio di Maccarese di viti ibride americane spontaneizzate, documentata in riviste specializzate in botanica. Per capire il contesto e il significato di questa notizia bisogna risalire alla fine degli anni ’20 del secolo scorso, quando la viticoltura veniva introdotta nelle aree di recente bonifica a Maccarese.
A quell’epoca la viticoltura era divenuta pressoché impossibile senza ricorrere ad apparati radicali di viti americane, a causa della presenza della fillossera (Daktulosphaira vitifoliae Fitch). Questo insetto afidoideo di origine nordamericana, giunto in Europa nella seconda metà dell’ottocento, causa gravi danni agli apparati radicali della vite europea (Vitis vinifera L.), mentre molte specie americane ne tollerano bene gli attacchi, ma non sono consone a una produzione di vino di qualità. La soluzione adottata per salvare la viticoltura in Europa (e nel mondo) consistette nell’innestare talee di cultivar europee su portainnesti (apparati radicali) americani. Una serie di ibridi fra diverse specie americane, o in alcuni casi fra specie americane e la vite europea, venne sperimentata per costituire portainnesti adatti ad altrettante caratteristiche fisiche dei terreni, ad esempio la presenza di calcare o argilla. Come testimoniato da alcuni testi dell’epoca, per i nuovi impianti vennero utilizzati vari portainnesti americani, nonostante la prevalenza a Maccarese di terreni sabbiosi sia una delle rare condizioni in cui la fillossera fatichi a propagarsi. Per questo stesso motivo la Società Anonima ‘Maccarese’ in un suo catalogo del 1930 dichiarava di produrre barbatelle (talee radicate) americane in un vivaio lungo Via di Castel S. Giorgio, “assolutamente immune da fillossera”.
Dopo l’abbandono verso gli anni ’80 della viticoltura commerciale nell’area, sono rimaste fino ad oggi vestigia degli antichi vigneti non sempre espiantati. È questo il caso di un vigneto inselvatichito nell’oasi di Macchiagrande. Qui la parte vegetativa ‘europea’ delle viti originarie è stata soppiantata dal ‘piede’ americano che oggi continua a produrre tralci esclusivamente americani. È stato riconosciuto qui l’ibrido oggi chiamato Vitis ×instabilis Ardenghi & al., che corrisponde all’incrocio fra V. riparia Michx. e V. rupestris Scheele, che era quello maggiormente impiegato a Maccarese negli anni ’20.
Un altro fenomeno osservato è la presenza frequente lungo i bordi delle strade a Maccarese e Fregene di viti americane spontaneizzatesi che formano siepi o si abbarbicano sugli alberi. Queste piante derivano probabilmente da antichi residui di potatura abbandonati e radicatisi, oppure da portainnesti americani lasciati vegetare fino a fruttificare e le cui bacche hanno poi verosimilmente nutrito uccelli che ne hanno disperso i semi. Sono stati notati in diverse località gli ibridi Vitis ×koberi Ardenghi & al. (= V. berlandieri Planch. × V. riparia) e Vitis ×ruggerii Ardenghi & al. (= V. berlandieri × V. rupestris), come pure Vitis labrusca L. (uva fragola americana) ed anche esemplari di Vitis vinifera. Curiosamente gli ibridi americani, a differenza della vite europea e dell’uva fragola, sono sensibili agli attacchi di fillossera sull’apparato fogliare, dove le punture dell’insetto provocano lo sviluppo di piccoli tumori detti ‘galle’, in cui vengono deposte le uova dell’insetto. Le caratteristiche galle su una vite inselvatichita al bordo di una strada sono un segno evidente che ci troviamo con tutta probabilità di fronte a un ibrido americano una volta usato come portainnesto ed ora sfuggito alle coltivazioni.
Lorenzo Maggioni, Nicola M.G. Ardenghi e Riccardo Di Giuseppe