Incontriamo Cornelia Stauffer nel suo studio allestito in una ex stalla della campagna di Maccarese. Un leggerissimo accento straniero tradisce il suo italiano perfetto, infatti Cornelia nasce in Svizzera dove, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Lucerna, ha la sua prima personale nel 1986 alla galleria Dreyer. I lavori dei primi anni sono caratterizzati da pitture pastose, energiche, sensuali, di impatto espressionista, e da disegni densi e ritmici che trattano prevalentemente il tema del cibo come nutrimento e del modo spesso superficiale che abbiamo di consumarlo e considerarlo.
Fin dagli esordi l’artista sviluppa uno spiccato interesse per la produzione seriale delle opere, la relazione con lo spazio espositivo e il coinvolgimento dello spettatore, ne sono esempio i cicli Stanze (1988-1995) dove Stauffer disegna con la grafite, su grandi fogli che ricoprono quasi per intero le pareti della galleria, una moltitudine di segni neri liberi, potenti, vibranti dell’energia del suo gesto, allusivi dei processi di crescita e mutazione riscontrabili in natura, e Percorsi Vitali (1995-2002) nel quale riappare la pittura a olio applicata oltre che sulla tela, su supporti di legno o lastre di metallo.
È ancora il tema delle trasformazioni presenti nei processi naturali, ma anche in quelli psichici, a interessare l’artista, l’inesorabile corrispondere dello scendere al salire, dell’alto al basso, del pieno al vuoto in un gioco di scambi senza soluzione. Nel 1997 Cornelia Stauffer lascia lo studio di Trastevere e si trasferisce nella campagna di Maccarese a poca distanza dal mare e da Roma. Il mare è un richiamo irresistibile per l’artista e ogni pomeriggio d’estate raggiunge Fregene per delle lunghe nuotate. Dall’osservazione della battigia, di quella zona di confine tra mare e terra dove le onde lasciano il disegno del loro incessante avanzare e ritirarsi nasce il ciclo Bagnasciuga.
Nel 2003 con la serie Clessidra una nuova struttura spaziale si insinua in molti degli olii e dei disegni realizzati. All’inizio sono soprattutto i paesaggi a suggerire il profilo della clessidra nella parte centrale dell’immagine, in seguito anche altri soggetti verranno ordinati secondo lo stesso principio. L’allusione al tempo che scorre trasformando ogni cosa ci interroga su quanto l’azione dell’uomo incida negativamente sul paesaggio.
Stauffer è sempre stata sensibile alle tematiche ambientali e al rapporto che l’uomo contemporaneo ha sviluppato con la natura, col progresso e con la scienza, ma a diretto contatto con la campagna e il mare del litorale sembra nascere in lei l’urgenza di esplicitare questi temi in modo più assertivo. È così che prendono vita i magnifici cicli Oscura-menti, dipinti a olio su carte geografiche e tavole anatomiche del corpo umano ispirati al global dimming, il fenomeno che ha portato a una riduzione della quantità di luce solare che arriva sulla superficie terrestre e Natura Plastica, una riflessione sull’invadenza della plastica nel’ambiente che spinge l’artista a inserire nei propri quadri frammenti di plastica raccolti sulla spiaggia o, come nell’installazione “Per ora” realizzata nel parco del Castello di Maccarese, a disporre delle bottiglie di plastica schiacciate, raccolte lungo le strade della zona, sul bordo circolare dell’antica fontana quasi fossero elementi preziosi di una splendida ma velenosa collana.
Negli ultimi anni il tema del cibo ritorna nel ciclo Natura Umana: il cibo industriale dei drugstore che stanno invadendo il mondo, il cibo prodotto dai campi arati minacciati dai progetti di costruzione di nuove piste aeroportuali, ma anche il cibo chimico delle medicine rispetto alle quali siamo sempre più dipendenti.
Dopo la lunga intervista, prima dei saluti, Cornelia Stauffer ci mostra una piccola serie di tempere su tela appartenenti al ciclo Essential tools dedicate al suo giardino e all’orto, nelle quali appaiono attrezzi per il giardinaggio, ortaggi e piante. La pittura è nuovamente pastosa e esuberante come nei primi lavori svizzeri, ma il tono è più contenuto, intimo, sereno, quasi giocoso, sono imbevute di una luce diversa da quella di allora, è la stessa luminosità calda e avvolgente che osserviamo attraverso le finestre dello studio saturare l’aria sospesa sui campi, i centri agricoli e i silos di Maccarese.