L’idea di dedicare alla Madre di Dio un Anno Santo era stata annunciata dal vescovo nel maggio scorso. L’8 dicembre l’apertura solenne della Porta santa nella cattedrale a La Storta. Il vescovo Gianrico Ruzza spiega il motivo dell’iniziativa: tornare a guardare alle cose che danno senso alla vita e invocare Maria perché continui ad accompagnare il cammino del popolo di Dio, specie in un mondo lacerato come quello attuale
di Adriana Masotti – Vatican News
“Mentre guardiamo all’Anno Santo del 2025 che si annuncia come una tappa particolare nel continuo processo di rinnovamento della Chiesa, (…) ho pensato di indire uno speciale Anno Mariano, che sia un periodo propizio durante il quale, mettendoci tutti alla scuola della Madre di Dio, possiamo rinnovare la fede nel Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e Salvatore del mondo”. Lo scrive nel decreto di indizione monsignor Gianrico Ruzza, vescovo di Civitavecchia, e dal12 febbraio 2022 vescovo anche della diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina, della quale era amministratore apostolico. Una solenne celebrazione presieduta nella cattedrale di La Storta dal cardinale titolare Beniamino Stella e da monsignor Ruzza ha aperto l’8 dicembre scorso, festa dell’Immacolata Concezione, l’Anno Mariano che si concluderà l’8 dicembre 2024.
Nei santuari e in cattedrale l’indulgenza plenaria
Il percorso di questo Anno speciale dedicato a Maria si articolerà a livello diocesano e parrocchiale. “In ogni comunità – si legge sul sito diocesano – si avrà cura di intensificare la devozione alla Madre del Signore soprattutto con la preghiera quotidiana del Rosario, con la lettura e lo studio del ricco magistero mariano dei Pontefici, oltre che con i pellegrinaggi ai santuari diocesani in cui è possibile ottenere l’indulgenza plenaria”. Nel testo si spiega poi che a livello diocesano verranno proposti, mese per mese, appuntamenti e convocazioni che aiuteranno i fedeli “a comprendere il ruolo centrale della Madre di Dio nell’economia della salvezza, nella storia della Chiesa e nella personale vita di fede”.
Il vescovo: un anno per pensare a ciò che conta di più
L’apertura dell’Anno Mariano ha ricevuto una bella risposta in termini di partecipazione e di consenso da parte dei fedeli della diocesi di Porto-Santa Rufina, come afferma il vescovo, monsignor Gianrico Ruzza che a Vatican News dice il motivo e gli obiettivi della sua indizione:
Come è nata l’idea di indire questo Anno speciale e perché è stato pensato?
L’idea è nata in modo direi sinodale perché è maturato da un confronto con i collaboratori, ma anche dall’ispirazione data dalla presenza in diocesi di alcuni luoghi significativi, molto interessanti da un punto di vista della fede popolare e anche dell’arte, che sono dei piccoli fari che si accendono in un territorio che qualcuno definisce poliforme, nel senso che ha molte situazioni diversificate fra loro e che però trova un punto di unità nell’unione fra le due diocesi, Porto e Santa Rufina, che avvenne nell’anno 1000. Da lì l’idea che prepararsi a un evento così bello come il Giubileo del 2025, con l’accompagnamento della Madonna, che nella vita delle campagne e dei luoghi di mare ha sempre condotto le popolazioni, sarebbe stata un’idea vincente. Di fatto la partecipazione alle celebrazioni iniziali mi conferma in questa idea.
Che significato ha per lei questo Anno? Come si augura che venga vissuto dai fedeli?
Io mi auguro soprattutto che sia un anno in cui si ritorna a parlare e a pensare ai valori eterni, perché credo che uno dei grandi problemi della nostra epoca sia quello di non fare più riferimento a ciò che è trascendente, quindi un ritorno all’idea dell’eternità, della vita nel Signore, soprattutto della profondità del silenzio e della preghiera. Penso quindi che dovrebbe essere un anno di preghiera, un anno di di incontro anche fra le comunità, però sempre con l’idea che il riconciliarsi con il Signore, passare attraverso queste “porte sante” che abbiamo aperto per prepararci interiormente attraverso le mani e il cuore dolcissimi di Maria, possa aiutarci a ritrovare un senso alla vita in un momento e in un’ora buia della storia che è contraddistinta dalla guerra e dalla confusione.
In una lettera, in occasione dell’apertura dell’Anno Mariano, lei parla del Rosario, auspicando che possa tornare ad essere la preghiera di tutti e che venga recitato nelle famiglie. Lei scrive: “Tutto Dio è pronto a donarci per le preghiere di Colei che è la Madre della grazia divina”. Pensando al drammatico momento che stiamo vivendo nel mondo, come lei accennava, sembra più che mai attuale questo rivolgersi con fede a Maria…
Sì, l’attualità purtroppo ci fa pensare a quante sofferenze ci sono nel mondo in questo momento, in modo particolare nella terra di Maria, in Terra Santa, ma in tante altre regioni. Chiaramente il nostro cuore sta anche con l’Ucraina, con la terra in questo momento invasa e oppressa. Quanta devozione c’è verso la Madre di Dio sia nell’ambito della Chiesa orientale cattolica che nell’ambito della Chiesa ortodossa e nell’ambito della Chiesa latina! E pensiamo anche a quanto la fede di Maria abbia accompagnato le popolazioni lungo la storia. Quindi credo che tutto questo rappresenti una necessità in più. Ma a parte l’attualità, debbo dire che non so per quanto tempo ma ancora ci sono delle generazioni che come la mia, hanno imparato a pregare proprio con il Rosario. Io ricordo che mia nonna da bambino mi insegnava il Rosario e mi chiedeva di stare con lei e questa cosa la porto nel cuore. Allora, perché non ritornare a cose semplici, a cose quotidiane che però danno il sapore di una vita che invece di essere impostata sui social o sulle idee che girano sui nostri schermi, è impostata sui valori di sempre che hanno accompagnato l’umanità verso il progresso e verso la crescita, pur in momenti complicati?
Nella stessa lettera, lei cita il Sinodo e dice che anche questa diocesi, che è “tra le più antiche e gloriose Chiese e tra tutte la più vicina alla sede di Pietro”, necessita di rinnovamento e sottolinea che mancano i sacerdoti, mentre la popolazione è in costante crescita e che ci sono pochi luoghi di culto e pochi spazi per la pastorale. Ci dice qualcosa di più di questa sua diocesi, forse poco conosciuta?
È poco conosciuta perché, come molte delle diocesi che stanno intorno a Roma – e questa è la più vicina a Roma proprio perché è una diocesi suburbicaria – è un po’ schiacciata dalla città. È un problema che riguarda una gran parte della regione Lazio, ma in modo particolare questi territori limitrofi all’Urbe. Alcuni sono quartieri veri e propri della città, altri sono agglomerati che si sono accresciuti nel tempo come quelli nella parte della campagna o più vicino al mare, che non hanno nessun rapporto culturale con la città di fatto ma che poi vivono di persone che vanno a lavorare in città. L’altra difficoltà è lo scarso numero di sacerdoti come purtroppo molte diocesi in Italia e in più questa è una diocesi che ha avuto un’espansione di popolazione demografica strabiliante dalla fine degli anni ’50 in poi con il boom economico. Pensate alla zona del mare che va da Fiumicino a Santa Marinella che ha una popolazione di alcune centinaia di migliaia di persone che d’estate poi si decuplica per il tempo delle vacanze. Quindi una serie di situazioni sociali e ecclesiali che ci pongono delle sfide che stiamo affrontando e il Sinodo è una grande occasione per capire con quali linguaggi possiamo porci di fronte a un mondo in trasformazione. Anche perché gli ambienti che abbiamo incontrato nel percorso sinodale ci chiedono come Chiesa, di essere presenti e di averci come interlocutori.
Le chiedo ancora di dirci qualcosa della sua diocesi che lei ha definito “tra le più antiche e gloriose Chiese”…
La diocesi di Porto-Santa Rufina risulta da una unione che arriva alla fine del primo millennio, ma la sede originaria, quella di Porto, risale al II secolo dopo Cristo quindi parliamo di una situazione veramente antica e di grande importanza, la memoria è proprio una memoria apostolica. Peraltro anche santa Rufina nasce dal martirio di due donne. I patroni della diocesi sono sant’Ippolito e le sante Seconda e Rufina,martirizzati nella persecuzione di Diocleziano, e in questo c’è una grande romanità in quanto questa Chiesa nasce dal sangue dei martiri. Ippolito fu trucidato orrendamente, altrettanto Seconda e Rufina. Le comunità si sono formate in quel periodo. E una cosa che mi piace sottolineare è che si tratta di una diocesi che unisce mare e campagna, pensi che nel suo territorio c’è la più grande azienda agricola d’Italia, la Maccarese Spa, così come c’è una costa di 65 chilometri che va da Fiumicino a Santa Marinella. Quindi sono realtà ricche di antica formazione che vanno dai tempi degli Etruschi, la zona di Santa Severa, Cerveteri e Ladispoli, fino a zone più moderne come i quartieri della città che lambiscono appunto il raccordo anulare.
Dopo l’apertura dell’Anno Mariano, lei ha visitato i tre santuari mariani presenti sul territorio: il santuario di Santa Maria di Galeria, il santuario di Ceri e quello di Santa Maria della Visitazione a Santa Marinella. Che tipo di momenti sono stati? Tra l’altro, visitando questi santuari sarà possibile ottenere l’indulgenza plenaria…
L’indulgenza plenaria si potrà ottenere visitando i santuari e anche la cattedrale a La Storta. Ovviamente la statua della Madonna che è conservata in cattedrale, come avvenne già nell’Anno Mariano del 1954 indetto da Papa Pio XII, girerà per le quattro vicarie della diocesi e sosterrà in una sede vicariale dove le parrocchie potranno andare per vivere momenti di preghiera e di celebrazione. I momenti di incontro nelle tre comunità dei santuari sono stati molto intensi. Devo dire che, in particolare quello di Ceri e quello di Santa Maria di Galeria, che sono antichissimi e sono due gioielli d’arte, sono stati molto partecipati e sono stati momenti emozionanti. Ho visto una grande risposta del popolo di Dio quindi mi sono anche sentito consolato perché quando ho pensato di indire l’Anno Mariano ho detto: “Speriamo che ci sia una bella risposta”. E la risposta è stata molto incoraggiante, di grande attesa, e mi sono giunti tanti messaggi per dirmi: “Ma che cosa bella ha pensato” e questo dice che nel popolo di Dio c’è proprio un desiderio di farci accompagnare dalla Madonna a ritrovare le radici del nostro essere credenti e felici di appartenere alla Chiesa.
Il desiderio di farsi accompagnare da Maria che continua sempre a indicare Gesù…
è l’antico motto “ad Jesum per Mariam”, “a Gesù per Maria” che ci accompagna da sempre perché in realtà è una questione di “tenerezza”. Io tengo molto a questo aspetto e chiamo Maria, Madre tenerissima, perché punto molto sul tema della tenerezza nello spirito su cui insiste Papa Francesco e non casualmente ho voluto che in questa diocesi, insieme alla diocesi di Civitavecchia, ci fosse anche una “scuola di tenerezza” rivolta alle famiglie proprio per approfondire il carisma della tenerezza all’interno della dinamica familiare. E credo che questa sia proprio la strada per ricomprendere il nostro essere amati, voluti e benedetti dal Signore. E Maria è colei che ci introduce a questa consapevolezza.
Fonte: Vatican News