Da un male nasce un bene, si fa per dire. È quello che dicevamo e ci ripetevamo quattro anni fa quando oltre 50mila litri di cherosene avio fuoriuscirono dalla condotta Eni Civitavecchia-Pantano di Grano. Fu un evento devastante per l’ambiente e per la salute dei cittadini, quelle immagini rimarranno per sempre scolpite nelle nostre menti. Quasi un bene, perché la società civile, finalmente, si era resa conto che il nostro territorio, la nostra amata Riserva Litorale Romano è solcata da un impiantistica notevole e pericolosa: gli oleodotti che riforniscono gli aeromobili, presso lo scalo internazionale Leonardo da Vinci. Sì, perché in fondo osservavamo quelle paline gialle in bella vista a lambire il paesaggio agrario, ma forse con troppa leggerezza e senza mai soffermarci più di tanto su quello che realmente c’è sotto i nostri piedi e su eventuali rischi. Oppure sarebbe stato più opportuno e logico che qualcuno negli anni, magari chi si prende l’onere di rappresentarci e dovrebbe tenere all’incolumità pubblica, ci tenesse informati e aggiornati su questo tipo di impiantistica. Fatto sta, che il 30 dicembre 2014 il Gip del Tribunale di Civitavecchia Massimo Marasca ha disposto il sequestro preventivo dell’oleodotto Civitavecchia-Pantano di Grano, quello che avvelenò la campagna di Maccarese, con divieto di utilizzo finché non saranno installati adeguati sistemi di controllo atti a impedire successivi reati; da quella data l’oleodotto Eni non è più entrato in funzione. Un impianto costruito nel 1960! Ma c’è altro: andando a ritroso dal 2014, interrogando qualche amministratore, oppure facendo un semplice, si fa per dire, accesso agli atti si scopre che sversamenti di cherosene e tentativi di furto, la così detta “spillatura”, nel passato ce ne sono stati, e già nel 2008.
Ma poi, perché io ancora non l’ho capito: chi ruba questo liquido? Su quale mercato è diretto? Da chi viene acquistato? Proprio nel 2014 Eni dichiarava di aver subito circa 100 effrazioni a livello nazionale, di cui almeno 15 sull’oleodotto Civitavecchia-Pantano di Grano. Questo significa che il 15% di incidenti e relativi sversamenti hanno interessato il nostro territorio. È di questi giorni invece la notizia di un nuovo tentativo di effrazione sulla condotta Pantano di Grano-Seram Fiumicino. Un violento incendio è scoppiato nella serata di sabato 1 dicembre 2018 nell’oleodotto di Pantano di Grano-Seram. Le fiamme scoppiate probabilmente per un tentato di furto finito male, sono state domate da numerose squadre dei vigili del fuoco insieme con polizia e carabinieri che, per consentire le operazioni, hanno chiuso una carreggiata dell’autostrada A12. Insomma, nessuno sversamento di cherosene si legge, no inquinamento. Eppure i residenti non dicono cosi. Raccontano di un odore fortissimo e di bruciore agli occhi e gola. Insomma qualcuno avrà respirato quella nube tossica, la combustione c’è stata. Il 5 febbraio del 2016 ci fu un episodio analogo. Il tutto sembra incredibile. Su quel tratto all’epoca dovevano essere istallati dei sensori vibro-acustici, così da dare l’allarme in caso di furto e manipolazione. È stato fatto? Non hanno funzionato? Sono efficaci? In ultimo, mi preme dirlo, ha poco senso dichiarare che l’evento nefasto è accaduto in un area ricadente del Comune di Roma, oppure nel Comune di Fiumicino. Ogni comune non ha la sua porzione di aria, acqua e terra; l’ambiente, l’ecosistema non è una scatola chiusa. Per questo occorre una collaborazione istituzionale tra comuni limitrofi per individuare e affrontare uniti questo tipo di problematica ambientale. È giunto il momento di farlo. La salute dei cittadini è un priorità.

di Riccardo Di Giuseppe