Gente di mare. Gente segnata dalla fatica. Visi bruciati dal sole dove credo nessuna crema sia mai passata. Si trasferivano da Minturno con l’arrivo della buona stagione e cominciava così il periodo dedicato soprattutto alla pesca delle telline. Pasqualino, personaggio locale, era il catalizzatore del gruppo. Alloggiava in una capanna in riva al mare tra gli stabilimenti La Riviera e il Coquì, già Il Gabbiano. Con la base scavata nella sabbia per evitare che il vento la sradicasse, prima solo di tela, poi rivestita totalmente di paglia, era il ricovero di tutti fino all’autunno, tempo del rientro nella cittadina d’origine. Finita la giornata lavorativa per l’approvvigionamento venivano verso il centro di Fregene dove c’erano i negozi e al forno acquistavano un quantitativo di pane, a dir poco spropositato, che mettevano in una rete da pesca adattata a sporta della spesa. Fumatori accaniti, tra le dita forti e callose, potevi scorgere sigarette che oggi, forse, non esistono più, si chiamavano Alfa, Nazionali, Esportazione, Sax tassativamente senza filtro. Al mattino, si fa per dire, perché la partenza della prima corriera per Roma, non si poteva chiamare bus viste le condizioni del mezzo, avveniva quando era ancora buio, i nostri caricavano anche sul tetto i grandi sacchi di telline, sgocciolanti acqua di mare, che avrebbero venduto nelle adiacenze di piazza Vittorio. Manco a dirlo come si riduceva il mezzo della società Galeotti che, arrivato a destinazione così conciato, faceva vagamente pensare a quelli da Calcutta a Mumbai! Del prodotto pescato, 7 o 8 quintali al giorno, la rimanenza della vendita mattutina veniva prelevata da un camioncino e portata a Napoli per essere smistata, quale piatto ricercato, in vari ristoranti della città partenopea.