L’avvocato Marco Di Tullio ci segnala questo articolo che, a distanza di 3 mesi dalla sua introduzione, prova a fare un primo bilancio del reato di omicidio stradale. I risultati non sembrano affatto quelli sperati…
«A tre mesi dall’entrata in vigore della legge che introduce il reato di omicidio stradale, gli episodi di omissione di soccorso sono aumentati del 20% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». A dirlo è il Report dell’Associazione sostenitori amici della polizia stradale, mettendo in luce risultati certo non incoraggianti nel primo trimestre di vita della nuova normativa. Negli stessi mesi, tra aprile, maggio e giugno, si sono registrati anche 366 feriti, mentre nel 2015 erano stati 313. Un altro incremento, dunque. Stavolta, del 16,9%. E allargando lo sguardo ai dati del primo semestre 2016, le omissioni di soccorso negli incidenti con morti non calano, 556 contro i 484 dell’anno precedente. Anche per gli incidenti con feriti (complessivamente 664), quest’anno si registra un’impennata: 89 casi di fuga in più.
Lapidario il primo commento di Carlo Giovanardi, uno dei più strenui oppositori della norma in Parlamento: «Si tratta di una legge proclama. Pura demagogia». I dati che emergono dalla relazione dell’Asaps, poi, «non mi sorprendono – continua il senatore di Idea -. Le persone hanno paura perché sanno che adesso, anche se si fermano a soccorrere un ferito, rischiano il carcere e allora, certo, l’impulso di fuggire diventa più forte». Bene l’inasprimento delle pene «per chi guida ubriaco o drogato», dice, «ma ci si doveva fermare lì. E invece ora abbiamo questa follia per cui se un incidente avviene perché si è fatta un’inversione di marcia dove non si poteva (a chi non è mai capitato?) e il ferito ha riportato una ‘lesione grave’ come la semplice frattura di una gamba, una madre di famiglia può finire in prigione».
Il testo della legge sull’omicidio stradale introduce, in effetti, anche il reato di “lesioni personali stradali”. Nel caso si provochi un incidente con feriti, in seguito a una manovra pericolosa come il superamento dei limiti di velocità, il passaggio con semaforo rosso o l’inversione di marcia citata da Giovanardi, è sufficiente causare una lesione grave (per la quale basta che vengano superati i quaranta giorni di prognosi) per incorrere nel reato di “lesione personale stradale”, con una pena che oltre al carcere prevede la revoca della patente per cinque anni.
Questo è «un aspetto debole della legge», sottolinea Giordano Biserni, presidente dell’Asaps. «In questo senso, non è la legge che volevamo». Ad ogni modo, spiega, «si dovrà aspettare almeno un anno per poter dare un giudizio più completo sui primi reali effetti della nuova normativa». Ad ogni modo, per Biserni, l’impatto più significativo si avrà nel settore della giustizia, perché «chi uccide non potrà più farla franca». «A un effetto deterrente dopo le prime condanne comunque non ci credo – dice – Nessuno tende a identificarsi con un assassino, tanto più che si può essere accusati di omicidio per una cosa purtroppo abbastanza comune come mettersi al voltante dopo aver bevuto troppo».
Sull’aspetto giudiziario della nuova normativa pone l’accento anche Pina Cassaniti, presidente dell’Associazione vittime della strada, con la speranza che cambi «l’approccio avuto fino ad oggi dalla maggior parte dei magistrati, colpevoli di avere applicato sempre la pena più leggera possibile e mai quella congrua». E lancia un appello alle istituzioni: «Serve maggiore prevenzione, più controlli, più agenti in divisa sul territorio se si vuole diminuire davvero il numero di vittime dei pirati della strada».
di Federico Capurso / La Stampa.it