Si sente male prima di fare il vaccino all’hub dell’aeroporto. Il racconto di come è stato accolto dai ragazzi della Croce Rossa Italiana e del loro straordinario entusiasmo
“A fine marzo sono andato all’hub dei vaccini Covid di Fiumicino. Ho parcheggiato a un centinaio di metri dall’ingresso. Uscito dall’auto, salgo sulla carrozzina, vista la precarietà della mia salute da disabile, e vengo investito da uno tsunami di vento gelido. Mi sento male mentre entro nella struttura e per 20 minuti mi sembra di volare come una nuvoletta di braccia in braccia. Vengo accolto, come mai mi era accaduto nella mia vita, con professionalità, simpatia, gentilezza, etica e dalla convinzione di coloro che ti prendono per mano e ti fanno sentire al sicuro.
Precari, volontari della Croce Rossa, giovanissimi e donne, ricordo che quando il paramedico mi ha iniettato il vaccino mi parlava della sua isola come un continente dove, nelle campagne dietro Sassari, ci sono ancora i cavalli selvaggi. Arrivato all’uscita vedo un manifesto di 10 metri con su scritto grazie! E ricordo di aver detto alla caposala “Qualcuno ha sbagliato a scrivere grazie, perché saremmo noi a doverlo dire a voi”. Sono uscito e ho visto almeno 300 divise di tutte le forze dell’ordine in una lunghissima coda disciplinata, le mamme, le sorelle, le zie avevano appena ritirato queste divise dalla tintoria, tutti belli, o forse ho sognato.
Questa è un’Italia conosciuta per la prima volta, spero che quei ventenni siano davvero il parto di un futuro che non avevamo mai sognato. Ho chiesto alla segreteria della Presidenza della Repubblica di mandare un encomio a tutti coloro che sono coinvolti per curarci dal Covid, l’ho detto ai miei medici curanti, i neurologi Maira, Di Lazzaro, Paolucci, Molinari che lamentano nelle strutture dove quotidianamente lavorano pesantezza, fastidio, inadeguatezza. Tanti figli di una burocrazia mai tanto cresciuta contro l’entusiasmo e la voglia di esserci invece di questi ragazzi della Croce Rossa. Quando esco in un’autombulanza ci sono due della Croce Rossa, a una signora dico “Grazie”. Lei mi guarda meravigliata e io le ripeto “Grazie per tutto quello che fate”. Lei sorride e io continuo “Ma mai nessuno le ha detto grazie?”. Mi risponde “Sono vent’anni che faccio questo mestiere, lei è il primo”.
Sono stato alla metà degli anni ’60 allievo in giurisprudenza lombrosiana del professor Cruciani, ho imparato da lui e da Aldo Salvo, capo delle cronache della Rai, a capire immediatamente dall’espressione del volto chi sia il mio interlocutore. E questo mi ha salvato nelle guerre, durante i vent’anni di strategia della tensione. Sono passato a piedi nudi nelle case di 20 milioni di persone senza farmi vedere, ho fatto servizio pubblico, ma in 45 anni di professione sono apparso soltanto 52 volte. Quindi quei signori della Croce Rossa non mi hanno trattato bene perché mi hanno riconosciuto, non mi hanno trattato bene perché hanno visto che ero disabile e sono crollato tra le loro braccia, non mi hanno trattato bene perché ero accompagnato da mia moglie di 81 anni. Mi hanno trattato come tutti, come prevede il giuramento di Ippocrate.
Diego Cimara