Il piacere di passeggiare sulla spiaggia mi accompagna fin da bambino e l’ho sempre associato al gusto dell’esplorazione e della scoperta. La spiaggia, infatti, è un grande libro aperto che ci racconta molte storie sugli abitanti del mare. Quelle di Fregene e Maccarese, separate dal fiume Arrone, spesso regalano sorprese molto interessanti . “Tesori” naturalistici che sono sconosciuti alla maggior parte delle persone che le frequentano e si dedicano solo alla tintarella. Per esempio, è facile scoprire vari tipi di uova, come quelle del murice, che somigliano al polistirolo, o quelle della seppia, che ricordano un grappolo d’uva. L’uovo di razza, invece, ha l’aspetto di un astuccio nero con quattro cirri. A primavera, la spiaggia si ricopre di migliaia di barchette azzurre: sono le velelle o “barchette di San Pietro”. Chi non conosce poi le “palle di mare”? O le conchiglie perforate? Le prime sono formate dai resti della Posidonia oceanica, una pianta marina endemica del nostro mare, mentre i buchi delle conchiglie sono prodotti dalla natica, un terribile predatore di molluschi.
Qualche volta però il mare ci sorprende con incontri davvero inaspettati.
La giornata era mite e assolata, come quelle che qualche volta ci regala l’inverno. La spiaggia di Maccarese era deserta, solo io e il mare. Un pescatore di telline era appena uscito dall’acqua e mi avvicino per vedere il contenuto del suo rastrello. Poi, comincio a camminare. Il mare era quasi fermo, solo un leggero e piacevole rumore di risacca. Le mareggiate dei giorni scorsi avevano depositato sulla battigia molte conchiglie, tra cui arselle, cuori e le piccole vongole lupino. Raccolgo un bell’esemplare di “piede di pellicano”. D’un tratto, a un paio di metri di distanza, vedo un vermetto che si dimena. Non so il motivo, forse è l’istinto che m’ha fatto avvicinare. Non era un vermetto… era un cavalluccio marino!
L’ho subito rimesso in acqua, ma non nuotava e scendeva sul fondo. Così l’ho messo in un contenitore, pensando di portarlo a casa dove ho un acquario marino di 200 litri. Purtroppo, però, era troppo piccolo e debole, e non sono riuscito a salvarlo.
Mio fratello, che ha qualche anno più di me, mi ha raccontato che un tempo i cavallucci marini erano relativamente comuni. Poi, l’inquinamento e la riduzione della Posidonia li hanno fatti quasi sparire dal nostro mare.
Davvero un peccato per un pesce così straordinario e sorprendente. L’unico che porta avanti una gravidanza al maschile: la femmina depone le uova in una tasca ventrale del maschio, una specie di marsupio, che dopo circa un mese “partorisce “ centinaia di minuscoli cavallucci.
Sono tornato a casa con un po’ di malinconia, ma con il cuore colmo di emozione.
Un cavalluccio marino non fa primavera, ma è una speranza per il nostro povero mare.
Testo e foto di Luciano Bernardo (biologo marino)