“Ce lo stiamo domandando da diverso tempo e non troviamo risposte”. È quanto si legge nella nota del Comitato Rifiuti Zero Fiumicino. “Il silenzio, voluto da Eni e garantito dall’Amministrazione Comunale, è caduto su questo disastro ambientale senza precedenti per Fiumicino – sottolinea il Comitato – Si continua a parlare, in verità, di oleodotti ma solo a valle di effrazioni che testimoniano purtroppo come gli sversamenti di novembre scorso non abbiano determinato interventi risolutivi per la messa in sicurezza ed il controllo degli impianti da parte delle società proprietarie. La stagione balneare alle porte, la pesca e l’agricoltura allo stremo, il turismo boccheggiante. Sono troppi gli interessi in ballo che richiedono di tacere sui danni che quel kerosene ha certamente provocato. Sottovalutare la situazione oggi per garantirsi una “buona stagione” si tradurrà nella fine di future “buone stagioni”; la verità, per quanto ignorata e nascosta, non può essere cambiata e alla fine è destinata a venire a galla. Dopo la Conferenza dei Servizi svoltasi presso il comune di Fiumicino e dalla quale, sembra proprio su richiesta di Eni, siamo stati esclusi nonostante la normativa vigente consentisse la partecipazione di associazioni e comitati portatori di interessi diffusi sul territorio, non si è saputo più nulla. Vuota la pagina dedicata alla Qualità Ambientale sul sito istituzionale del Comune di Fiumicino, persi chissà dove i contenuti delle numerose osservazioni che presentammo assieme all’Associazione Programma Natura ai Piani di Caratterizzazione di ENI per i due siti contaminati di Palidoro e di Maccarese, ignoti i dati delle rilevazioni effettuate non solo nei giorni del disastro ma anche nei mesi successivi. Il kerosene di ENI fuoriuscito dall’oleodotto nella tratta Civitavecchia-Fiumicino circa 20 volte solo nel corso degli ultimi due anni sembra essersi trasformato in acqua pura, del resto l’assenza di uno studio puntuale delle matrici ambientali ante-disastro rende complicato dimostrare le dirette (e per noi inconfutabili) responsabilità di Eni. Fiumicino è un comune inquinato da troppi fattori: aeroporto, rifiuti, biogas, pesticidi. A chi possono essere ricondotti i danni alla salute e all’ambiente? Come è accaduto nella Valle Galeria dove l’Avvocato Cerroni ha potuto, proprio in assenza di uno studio sulle matrici ambientali ante-discarica, affermare che le cause dell’incremento delle patologie, anche tumorali, non è direttamente e sicuramente riconducibile ai suoi impianti, analogo discorso può essere fatto qui a Fiumicino da chiunque inquini. Se a Maccarese ad esempio, ma il discorso vale anche per le altre località, ci si ammala più frequentemente di chi è la colpa? Degli idrocarburi che piovono dagli aerei, dei pesticidi, dei fumi dell’inceneritore di Ponte Malnome, della discarica di Malagratta, dei due biogas di Benetton, dei TIR dell’AMA, del percolato, degli oleodotti di Eni e di Raffinerie di Roma (solo citando impianti presenti sul nostro territorio o nelle sue immediate vicinanze)? Siamo convinti che i quasi 50.000 lt. di kerosene fuoriusciti a novembre scorso a Palidoro e a Maccarese abbiano provocato inquinamento del suolo e della falda acquifera, già probabilmente interessati da inquinanti derivanti dalle tante altre possibili fonti… Non riteniamo di essere allarmisti, di voler vedere il peggio sempre ed ovunque, vogliamo solo essere informati correttamente e puntualmente. Ai soliti comunicati stampa che celebrano questa o quell’altra bella e lodevole iniziativa del Comune l’Amministrazione dovrebbero affiancare quelli che ci dicono che tipo di aria respiriamo, quante e di che tipo le emissioni in atmosfera dell’aeroporto, dei biogas di Benetton, quale il livello di monossido di carbonio che si respira su viale Tre Denari o a Torrimpietra sulla direttrice Aurelia, quale sia la qualità del mare che ospita le piattaforme petrolifere e gli oleodotti sottomarini, e delle campagne da cui prendiamo il cibo che mettiamo in tavola. Fiumicino non ha bisogno di altre “grandi opere”, di alta velocità, di nuovi porti, di raddoppio aeroportuale, di poli industriali legati ai rifiuti e all’energia, di altro cemento. Il nostro è un territorio ricco di storia, di cultura, di biodiversità che potrebbe, grazie a queste peculiarità, realizzare uno sviluppo ecosostenibile ed offrire a molti di noi una opportunità lavorativa di grande qualità. Perché dovremmo rassegnarci a perderlo definitivamente?”.